Letteratura

Poesia | Mariasole Ariot

30 Gennaio 2019

L’urlacorpo

Il mutismo della bocca della sera, quando i corpi cadono su se stessi, e la grande stellata non arriva è : essere un agosto per il campo – hai mai visto un cielo precipitare?
Essere le strade affollate, avere una folla nel cranio, mentre l’altro tace e gira come un ghigno la sua faccia. Essere tramontati per vergogna, quando cento galli gridavano il mattino delle assenze.

Il reale è un formicaio, le mosche mi mangiano con appetito.

Avete visto un incendio nella testa : ma vi siete mai voltati a guardare la casa che stava bruciando?

***

Sono la tua ombra, occupata dalla tua. Avevo spine con cui conficcarmi l‘ugola o proteggermi dalle mani rapaci, sapevo aspettare la fioritura.
Ora scalpitano frammenti di corpo – e io sono un cane che chiede l’elemosina, separata, caduta nella caduta. Le vedi queste mani rotte?
Perché non le hai amputate?

Io ora sono : l’opposto di me stessa.

***

Lei si faceva mancare

Lei ora non manca a nessuno
Lei ora è morta
Lei ora brucia
Lei ora è cenere

Lei ora è passato, lei non passa, non tramonta.

Le cicale impazzite, fuori da questa trincea, mi strappano i timpani.

***

Coperta da una patina oleosa è il passato preistorico che si è appiccicato addosso, e per levarlo : non devo forse levarmi di torno?

Mi stai vomitando, continui a vomitarmi e rimangi e rivomiti.

Il culo delle scimmie è scoperto, il mio volto è carne a vista, non c’è sutura: tutto è fuori, un inconscio all’aperto, a portata di tutto. I nascondigli non bastano più.

***

Mi hai consegnato un futuro giallo, il plasma separato dal sangue. Non ho più un centimetro di vita sulla pelle.

Credi forse servisse un bambino violato?

Lei scopriva le grandi labbra e sussurrava: guarda, un trattato di anatomia! si strofinava i gomiti sui polpastrelli dei cuccioli e godeva come una pazza, lei mostrava corpi eretti alla famiglia, lei vedeva e taceva e non vedeva , lei forniva i coltelli, lei toglieva le vesti ai bambini, lei come una gatta in calore ha gli occhi ciechi.

Continui a mangiarmi in testa, hai cresciuto un assassino.

***

E credi forse che per riparare a tutto possa bastare un seno malmesso? Le tue borse della spesa sui fianchi?

***

È questa follia un occhio che si spalanca e vede, è vedere troppo, avere le pupille allucinate : non staccarsi, concludersi la realtà : è il tendone che cade, è il retroscena, è vedere la farsa, rivedere il misero passo dei giganti, è ululare la notte, ululare il mattino, svegliarsi per un compromesso con la vita, è avvitare costola a costola, smettere la cecità, è l’occhio del gatto che luccica nel buio.

Comprendere dice : lacerarsi.

***

Mariasole Ariot (Vicenza, 1981) ha pubblicato Anatomie della luce (Aragno, 2017), Simmetrie degli Spazi Vuoti (Arcipelago, collana ChapBook – 2013), La bella e la bestia (Di là dal Bosco, Le voci della Luna 2013), Dove accade il mondo (Mountain Stories 2014-2015), Eppure restava un corpo (Yellow cab, Artecom Trieste, 2015), una selezione di poesie in Italia poesia presente (Lietocolle, 2018), Nel bosco degli Apus Apus (I muscoli del capitano. Nove modi di gridare terra, Scuola del libro, 2016), Il fantasma dell’altro – Dall’Olandese volante a The Rime of the Ancient Mariner di Coleridge (Sorgenti che sanno, La Biblioteca dei libri perduti 2016). Ha collaborato alla rivista scientifica lo Squaderno, e da settembre 2014 è redattrice del blog letterario Nazione Indiana. Suona il pianoforte e la chitarra, dipinge e fotografa.

Foto di copertina di Mariasole Ariot.

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