Letteratura
POESIA | Gilda Policastro
Un nome che può essere Salim
Stacco tutto e me ne vado
È grosso, una stampella per parte
L’altro non sa scrivere il nome
Somalo? Etiopia. E te pareva,
quante possibilità ciàvevo, su un mijione
Promiscuità, è questo a definirci
nell’anticamera del reparto dove il sonno ci intuba
Staccati gli aghi ci sveglieremo tutti sani o più malati
a digiuno
e niente acqua dalla mezzanotte
Mettiamo un po’ di musica così ce passa,
s’infila i guanti per Salim, lui non sa scriverlo
ma lei lo ha imparato col tu democratico
degli ospedali
Scrollo le poesie del poeta operaio
dice rinchiudi un porco nel reparto
noi aspettiamo in fila dopo il girotondo
del rispondi alle domande
(allergie, farmaci, malattie importanti)
poi spostati tu da quella parte
(a fissargli l’ago, senza i guanti)
Siamo in quattro, guardiamo un po’ in aria
un po’ ci sorridiamo mentre Salim non ha capito
che deve togliersi la giacca
Glielo mimo pensando al cianciare brutto
di ogni Facebook sui cosiddetti
(categoria che vorrebbe smarcarsi)
Siamo fermi in questo spazio che ci contiene
insieme al tempo che a dispetto della musica non passa
Saremo fuori, prima o dopo, saremo a casa
Salim forse resta, l’infermiera ha detto il nome
del suo male che non ha capito lui solo,
finalmente senza giacca
***
Gilda Policastro è poetessa, romanziera, critica letteraria. Insegna poesia presso la scuola di scrittura Molly Bloom. Redattrice del sito Le parole e le cose, collabora con le pagine culturali del quotidiano Il Dubbio. Tra gli ultimi titoli di poesia, Non come vita (Aragno 2013), Inattuali (Transeuropa 2016), Esercizi di vita pratica (Prufrock spa 2017).
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