Ciclismo
Pioggia e la rosa
“Festa di maggio” l’aveva ribattezzato Orio Vergani, che per un quarto di secolo fu inviato del “Corriere della Sera”, al Giro d’Italia. Passi per la festa, ma il maggio dov’è?
La corsa rosa è arrivata da ieri in Riviera romagnola che, di questi tempi, dovrebbe solitamente approntarsi alla stagione dei bagni e degli ombrelloni ma che, al contrario, è costretta a ricorrere agli ombrelli. Anche oggi, la cronoscalata da Riccione alla rocca del Titano è stata inzuppata di pioggia. In certi momenti della giornata e in alcuni tratti del percorso un muro d’acqua si è frapposto tra i corridori e il traguardo in ascesa di San Marino.
“Tutta l’acqua che il cielo può versare in una volta”, come diceva il prete giovane che voleva sottrarsi a una lunga sfacchinata sotto la pioggia battente delle Langhe per andare a piedi a uno sposalizio di parenti in una novella di Beppe Fenoglio, Pioggia e la sposa.
Qualche anno fa i giornali locali riportavano i frequenti casi di traffico illegale di valuta tra la Riviera e la repubblica sammarinese. Una declinazione a pedali delle ben note esportazioni di capitali all’estero. Stuoli di cicloamatori si prestavano a nascondere nelle borracce, o infilate nei tubi del telaio, rotoli di banconote destinate alle banche del Titano. La Guardia di Finanza, accortasi dell’escamotage, fu costretta a intensificare i controlli di questi traffici di ciclo-spalloni travestiti da Bartali dell’evasione fiscale. Pare che il fenomeno da allora si sia arrestato.
La pioggia e il maltempo su questa centoduesima edizione del Giro, invece no. “Ben venga maggio, ben venga la rosa, che dei poeti è il fiore / mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore”: così canta Guccini nella sua Canzone dei dodici mesi. La rosa, intesa come maglia, di Valerio Conti ha ricevuto il benvenuto sul traguardo della rocca del Titano e ha conservato il segno del primato, nonostante il meteo e la tregenda che Primož Roglič ha scatenato sulla classifica, andando a vincere la nona tappa contro il tempo.
Cenne e Folgore erano due poeti cortesi del Trecento. Aretino il primo, senese di San Gimignano il secondo. Mentre Folgore faceva sonetti dedicati ai mesi cantandone le piacevolezze aristocratiche del calendario Cenne, facendogli il verso, ne elencava i fastidi e le cose moleste. Ad esempio, proprio per il mese di maggio, se il gentile Folgore donava, in forma di versi, ai suoi lettori le colorate giostre di cavalieri inghirlandati e “bandiere e coverte a molti intagli / e di zendadi di tutti i colori”, il dispettoso Cenne rispondeva augurando all’uditorio di trovarsi in una festa popolana di zappatori, con muli e cavalli zoppi, e una folla maleodorante di villani che sa d’aglio e cipolla e che non smette mai di parlare di pecore e maiali. Se Folgore canta, alla maniera dei poeti provenzali, il plazer, Cenne per le rime risponde con gli enueg, le noie, le molestie del mondo.
E la tappa di oggi, in quanto a molestia meteorologica, non è stata da meno. Conti, nome cortese, ha retto valorosamente all’urto della quintana cronometrica e ambisce a vestire di rosa perlomeno fino all’apparire delle Alpi. In questo clima da prossima imminente battaglia, io lancio il mio gettone sulla roulette puntando per simpatia onomastica sull’attuale quinto in classifica. Primo perché di nome si chiama Fausto, secondo perché di cognome fa Masnada, che mi pare adatto al mestiere delle armi di questo Giro.
Fonti
Cenne della Chitarra www.treccani.it/magazine/strumenti/una_poesia_al_giorno/03_22_Cenne_da_la_Chitarra.html
Folgore da San Gimignano
http://www.treccani.it/magazine/strumenti/una_poesia_al_giorno/04_30_Folgore_da_San_Gimignano.html
Francesco Guccini, La canzone dei dodici mesi
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