Letteratura
Pieni poteri
Prendono posto nel tavolino a fianco del mio. Sono due napoletani, padre e figlio.
Il padre è sull’ottantina, assomiglia ad Eduardo De Filippo e parla esattamente come lui.
Il figlio è uno spilungone sui 45 dall’aria annoiata.
“Eduardo”, non appena si siede, perde il bastone al quale si appoggia per camminare. Lo vorrebbe appoggiare alla sedia, ma gli scivola per terra.
Una signora lo raccoglie e glielo porge. Ha un manico d’argento che rappresenta un cane bulldog.
“Come me la sono goduta”, dice il padre a voce alta, “nel vedere in tv Conte che spiegava per bene i motivi che spingono il suo ministro degli interni a far cadere il governo!”
“Magari l’ha fatto per tornaconto personale…”, obietta il figlio.
“Dici così perchè sei un fascista pure tu!” reagisce il vecchio con l’indice alzato verso il figlio.
“Devi proprio urlare così?”, risponde l’altro cercando in maniera quasi scherzosa di imprigionare con una delle sue enormi mani l’indice che il padre non smette di agitare contro di lui.
“Cos’è? Adesso manco si può parlare “, urla l’altro di rimando, “Lo conosci l’articolo 21 della Costituzione?”
“Certo che lo conosco” cerca di rabbonirlo il figlio.
“Ma che sai? Fammi il piacere.. Nun sai nu cazzo!”.
“Papà, non potresti calmarti?”
“Calmarmi? Con il paese ridotto in queste condizioni? E nessuna speranza di uscirne fintanto che resta in circolazione quell’individuo? Quello che vuole i pieni poteri?”
Arriva il cameriere.
Il figlio ordina un caffè.
Il padre un bicchiere d’acqua minerale.
“Gasata?” domanda il cameriere.
“No, di gasato c’è già lui” risponde il figlio.
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