Letteratura
Good morning Mexico: “Paradais” il nuovo romanzo di Fernanda Melchor
Non c’è spazio di redenzione a Progreso o, almeno, questo è quello che sembra suggerire l’inizio di Paradais il nuovo romanzo di Fernanda Melchor pubblicato in Italia da Bompiani nella traduzione di Pino Cacucci. Polo, giovane protagonista, vorrebbe andarsene, cambiare vita, uscire dallo spazio asfittico di un esistenza rispetto la quale pensa di meritare di più. Allontanarsi da un contesto fatto di narcos, ragazzini che si avviano allo stesso mestiere lavorando per loro e donne votate a mestieri di fatica. Suo cugino l’ha fatto, ma per lui non c’è spazio: costretto dalla madre a lavorare a servizio delle ricche famiglie di Paradais, un quartiere di lusso, sorvegliato dagli occhi indiscreti delle telecamere, in cui i residenti entrano a bordo delle loro auto di grossa cilindrata e trascorrono il tempo a bordo piscina in una routine di benessere che Polo può solo osservare da spettatore. Conosce Franco, adolescente come lui, alle prese con una vera e propria ossessione erotica nei confronti della vicina, donna bellissima fra i bellissimi oggetti che popolano la sua bellissima quotidianità. I due hanno poco in comune o forse tutto e, nelle loro menti agitate da frustrazione, desiderio, violenza, rancore, matura un piano per prendersi ciò che ritengono gli sia dovuto: una fetta di quel benessere sfacciatamente ostentato, l’oggetto del proprio intimo desiderio.
Ecco perché si stordiva di alcol ogni volta che ne aveva l’occasione, nonostante dovesse farlo in compagnia di quel lurido ciccione, e trascorresse buona parte del giorno dopo con il mal di testa, tormentato dai succhi gastrici. Doveva farlo, doveva ubriacarsi ogni sera, per colpa loro, per poter tornare a Progreso a notte fonda, quando nelle stradine del paese non c’era più nessuno a parte le spie da quattro soldi di quelli e qualche cane randagio, e sua madre e Zorayda dormivano da varie ore e Polo non avrebbe dovuto vederle nè ascoltarle nè sopportarne l’irritante presenza.
Con brevi pennellate, uno stile asciutto e graffiante, Fernanda Melchor dipinge i contorni di un mondo violento, in cui ciascuno è costretto a giocare un ruolo preciso e dove le differenze sociali dividono la realtà fra chi può plasmarla a suo piacere e chi la deve subire. Una società impermeabile al cambiamento, in cui la parte invisibile, pur giocando ogni giorno un ruolo essenziale nel mantenimento di una perfezione posticcia nei quartieri “bene”, viene vista davvero soltanto quando, con la violenza, si impone. Non ci sono mezze misure in Paradais, non ci sono nemmeno facili letture di carattere politico: semplicemente una fotografia scattata in piena luce delle grandi contraddizioni della società messicana. Protagonisti poco più che ragazzini che fanno i conti con i loro desideri, senza saperli maneggiare e con tutta la spietatezza data dalla mancanza di prospettive. Ragazzini che si ricattano fra loro, usando i segreti come armi e armi facili da trovare, da impugnare. Melchor trascina il lettore in un viaggio di consapevolezza, con un linguaggio che trae la sua forza da un continuo mescolarsi di fiction e giornalismo, dai dialoghi soltanto riportati, immaginati, mescolati ai pensieri dei protagonisti.
Un romanzo abrasivo, essenziale, che lascia nel lettore il desiderio di capire meglio, di andare oltre, ancora una volta, le apparenze e le facili risposte moraleggianti. Uno squarcio di realtà che non consente di essere ignorata, con la stessa forza dei gesti con cui si chiudono, nella parte finale, le vicende dei protagonisti.
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