Letteratura
PAOLO E FRANCESCA: “INSIEME VANNO E PAIONO SÌ AL VENTO ESSERE LEGGIERI”
Tutte le anime dei lussuriosi devono patire la dura legge del contrappasso: sospinti dal vento della bufera infernale che non si placa mai, trascina gli spiriti con la sua forza violenta, li tormenta rivoltandoli e percuotendoli. Infatti, la passione d’amore sconvolge l’anima, fa perdere la razionalità, è come un vento che irrora il sangue facendolo ribollire, fa compiere pazzie, agire in modo dissennato rompendo ogni intralcio, impedimento, argine che segna le ferree regole della responsabilità.
Sono i lussuriosi quelli che sottomettono la ragione al talento e sono collocati in quel luogo dell’inferno ove la luce è muta ed il vento sibila, come muggisce il mare in tempesta, perché le onde burrascose sono in perenne agitazione.
Come in vita si lasciarono travolgere dalla tempesta dei sensi e dall’irrefrenabilità del loro desiderio, adesso queste anime sono condannate a permanere nel turbine.
Così come desiderarono congiungersi rompendo ogni restrizione, ora sono scagliate violentemente le une contro le altre.
Ma tra questi vi sono anche
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“quei due che insieme vanno e paion sì al vento esser leggieri”
(vv. 75-76), come se fossero accarezzati, lambiti.
Sono dunque fatti di una materia leggera, simile ai sospiri e alle lacrime.
Dante vede quelle due anime intrecciate, indivisibili, sono quei due che insieme vanno sempre e neppure la bufera riesce a staccarli.
Sono anime che si abbracciano e restano tali come erano in vita, cessano di essere separati l’uno dall’altro e sono due aliti di un unico vento.
Le anime di Paolo e Francesca sono comparabili alle colombe mosse dal desiderio amoroso ed insopprimibile di ritornare al dolce nido. Tengono, perciò, le ali tese e ferme, e sono trasportate nell’area dalla leggiadria che le muove. Così si separano dalla loro schiera e sono attratte dall’affettuoso richiamo di Dante.
Francesca, donna raffinata e colta, colpisce Dante che per lei nutre pietà e compassione.
Lo dirà Francesca che l’amore attecchisce solo e rapidamente in un cuore gentile e tiene legate quelle anime che coltivano l’ideale di bellezza.
L’amore pone una necessità ineludibile: chi ama deve essere riamato, diventare una cosa sola con l’amato, non separarsi mai sino alla fine del tempo: “che come vedi ancor non m’abbandona”, dice mestamente Francesca di Paolo.
Francesca enunciava il pensiero secondo cui non c’è forza nel mondo in cui si vive, si ama e si soffre, non c’è Dio, che possa contrastare quello che rende irresistibile l’amore.
Con pervicace inesorabilità la passione d’amore non conosce altro primato, nel suo dispiegarsi impetuoso non c’è un altro universo al quale possa rivolgere lo sguardo, accogliendone la legge.
L’amore conduce alla morte e questa è la terribile consapevolezza cui approda Francesca, creatura fragile, ma allo stesso tempo capace di essere vera nella sua travolgente passione e di sfidare anche il Re dell’Universo, Dio, che non poteva esserle amico. È l’eresia dell’amore che rende Francesca immortale.
Ella sa che Eros è demoniaco, perché l’amore non ha regole, neppure quelle che vuole Dio.
Obbedisce alla necessità, Ἀνάγκη (Ananke), di abbattere ogni limite.
Francesca è una donna data alla morte, perché abbandonatasi al richiamo della seduzione.
L’amore di Paolo e Francesca è un amore totale, non solo elettivo, singolare, esclusivo, ma disposto all’interezza della perdizione, pur di affermarsi.
Un amore assunto fino alle sue estreme conseguenze: l’amato è posseduto da Francesca come colui “che mai da me non fia diviso” (v. 135): è l’indissolubilità del patto d’amore.
Francesca sa che soffrirà nel suo contrappasso di non poter mai più sentire la gioia e rimpiange i momenti di felicità, quando si vive nella terribile miseria dell’infelicità. Questa è la punizione più dura ed incisiva che subiscono i due amanti:
“nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria”.
Quella di Paolo e Francesca è un’esperienza di condivisione, di coinvolgimento della totalità dell’individuo, un sentirsi sottratti a se stessi e proiettati nella realtà dell’altro, consegnati a un amore che è la fonte non solo del proprio godimento, ma anche di una rinnovata conoscenza di sé.
È in questo spazio sacro dell’unione che cadono le antinomie tra sessualità e spiritualità, tra puro e impuro, tra lecito e illecito; l’estasi e la caduta hanno una radice unica ed una sola meta: annullarsi nell’amore per rinascere trasformati, sino a patire la morte e stare insieme anche dopo la morte.
Ed anche Dante lo sa: perciò vuole bene a Francesca.
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Biagio Riccio
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