Ciclismo
Oggi nella battaglia pensa a me
Gaston de Foix aveva poco più di vent’anni, ma sul campo di battaglia agiva come un generale di consumata esperienza. Nella Guerra della Lega di Cambrai, una delle tante guerre che nei primi decenni del Cinquecento avevano trasformato l’Italia del Nord in un tragico e sanguinoso stadio da champions league – spagnoli e svizzeri, francesi e pontifici, imperiali e veneziani si massacravano di botte, sciabolate, spingardate e cannonate – il giovane Gaston, comandante dell’Armata reale di Francia, fu inarrestabile per “ferocia e celerità”.
Francesco Guicciardini nella Storia d’Italia era strabiliato dal fatto che, nell’inverno del 1512, «avesse, in tempo di quindici dì, costretto l’esercito ecclesiastico e spagnolo a partirsi dalle mura di Bologna, rotto alla campagna Giampaolo Baglioni con parte delle genti de’ viniziani, recuperata Brescia con tanta strage de’ soldati e del popolo». «Per universale giudicio» da parecchi secoli non si era «veduta in Italia nelle opere militari una cosa somigliante». Lo chiamarono per questo la “folgore d’Italia”, ma tanto folgorante fu la sua ascesa tanto rapida fu la sua uscita di scena. Il giorno di Pasqua, l’11 aprile 1512, alle porte di Ravenna, Gaston, mentre conduceva una carica di cavalleria, venne folgorato da diciotto colpi di spingarda.
Il modenese Raimondo Montecuccoli, centocinquant’anni dopo, ereditò l’illustre fama guerresca di Gaston de Foix. Non fu un lampo, come Gaston, ma un duraturo temporale: dal 1625 al 1675, e sotto i vessilli del Sacro Romano Impero, raccolse nelle campagne militari di tutta Europa una infinita teoria di onorificenze: luogotenente generale e feldmaresciallo, presidente dell’Imperial Consiglio Aulico Militare, gran maestro di artiglieria e fortificazioni, Reale Consigliere segreto, camerlengo e cavaliere dell’Ordine del Toson d’Oro.
Vedete un po’ dove tocca andare a parare se la decima tappa del Giro, da Ravenna a Modena, è piatta e verde come un tavolo da biliardo, e soltanto gli argini erbosi del Panaro e della Secchia rompono l’infinita linea orizzontale della Pianura padana. Guerre e battaglie, condottieri e generali, che a Ravenna muoiono da eroi e che a Modena crescono all’ombra della scuola militare dell’Accademia di Modena.
E la battaglia, chiamata, ha avuto i suoi caduti, e il suo sangue sull’asfalto della via Emilia. A 800 m dal traguardo, mentre il gruppo lanciato nella volata era un mulinare di curve schiene striate, uno schianto secco di pedali e telai fa volare per terra una manciata di corridori lanciati a oltre 60 all’ora. È come un setaccio: lo sprint se lo giocano una quindicina di velocisti. La spunta Arnaud Démare, francese, e biondo, e folgore come Gaston de Foix. Pascal Ackermann è tra i caduti: arriva al traguardo con abrasioni più ciclamino della sua maglia.
https://www.facebook.com/giroditalia/videos/848373595522508/
E giacché colore chiama colore, a fine giornata, mi si è avvicinato Antonio Delfini, circospetto mi ha preso sotto braccio e mi ha accompagnato sotto i portici dove fummo schivati da un servo gallonato che portava due sciacalli al guinzaglio. A un tavolino di un caffè di piazza Duomo, un po’ discosto dalla via vai, mi raccontò di quando vide la Basca per la prima volta:
“Una giornata grandiosa, verde di un verde estremo, appena attenuato dai ricordati colori amari dell’inverno, che trasudavano umidi e freddi dall’intonaco delle case intorno al Duomo. Era un profumo singolare, tra di cantina, di chiesa e di campo corse dei cavalli. [… ] Lei passò, mi vide, mi guardò, mi sorrise. Era bianca di pelle, con un rosa talmente delicato sulle guance tonde che pareva il bianco risoluto (al quale il pennello avesse dato un po’di colore) di un pittore, esclusivo pittore dei bianchi”.
Fonti
Antonio Delfini, Il ricordo della Basca, Garzanti, 1992
Eugenio Montale, Le occasioni, Einaudi, 1939
Foto e video dalla pagina facebook di Giro 2019
Colonna sonora, se proprio volete,
Francesco Guccini, Piccola città
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