Letteratura
Nuotando nell’aria
L’intento che ha mosso Cristiano Godano alla scrittura di Nuotando nell’aria. Dentro 35 canzoni dei Marlene Kuntz (La nave di Teseo 2019) lo esplicita direttamente lui nell’introduzione al testo:
«Non era mia intenzione scrivere una autobiografia e infatti il libro non lo è, anche se a tratti tale parrà. È in verità un tentativo di condurre il mio lettore in tutto ciò che ha preceduto la scrittura dei testi delle mie canzoni».
Le canzoni a cui Godano si riferisce sono quelle dei primi tre album dei Marlene Kuntz e, anche qui, la motivazione ci viene fornita a chiare lettere: un’esigenza di scrittura e la volontà di non rendere esageratamente corposo il libro, per il quale Godano non esclude (né promette) un seguito. Nessuna idea, quindi, di considerare i “veri” Marlene solo quelli degli inizi; anche questo Godano ci tiene a specificarlo, motivatamente stanco di certe suddivisioni tra un presunto prima e un dopo fantomatico che, in effetti, lasciano alquanto sbadigliare.
Il libro diventa anche uno strumento, però, per entrare dentro la contemporaneità e proporre alcune riflessioni su temi di fondamentale importanza, primo tra tutti quello ambientale. Godano riesce, partendo dalla storia e dal senso delle sue canzoni, a mostrare come il micro, la faccenda personale appartenga sempre a qualcosa di più grande, quel macro a cui non possiamo voltare la faccia, soprattutto quando il nostro sguardo attento e vigile diventa necessario per poter prendere coscienza delle cose e, magari, provare a cambiarle. Di contro a una comunicazione irrigidita e svuotata dal terrificante politically correct, Godano ha il coraggio e, pertanto, il merito, di prendere una posizione netta ed esprimere con pertinenza linguistica e lucidità critica il suo punto di vista su ciò che accade, riuscendo anche a creare un confronto cronologico interessante tra la contingenza e il tempo in cui i suoi testi sono stati scritti.
Nuotando nell’aria. Dentro 35 canzoni dei Marlene Kuntz è poi, senz’altro, un susseguirsi di aneddoti biografici e di storia della musica, capaci di soddisfare la naturale curiosità dei seguaci del gruppo, ma anche di coinvolgere il lettore che esula da questo target; perché Godano, con il quale non per forza bisogna su tutto trovarsi d’accordo, dice quello che pensa senza troppi giri di parole, motiva le sue idee e si mantiene aperto allo scambio e al confronto. E queste doti sono quelle che delineano un buon autore e comunicatore che Godano, in questo lavoro, dimostra senza dubbio di essere, non chiudendosi nemmeno per un’istante nell’autoreferenzialità, sebbene quello di cui parla siano la sua storia, i suoi testi, le sue canzoni. Godano riesce a mantenere il vettore dell’empatia bidirezionalmente puntato verso ciò che racconta e verso il pubblico, risultando onesto e partecipe a sé stesso e agli altri. Per questo convince, non annoia, trascina oltre le pagine, come una chiacchierata di quelle che ci prendono e non vorremmo mai interrompere, nella quale magari qualcuno, parlando di una certa canzone, ci dice così:
«Mi avrebbe divertito poter asserire che anche il ponente è da intendersi come un vento: avrei dato ancor più risalto al mio stupore. Ma in realtà qui il mio ponente attiene all’immagine della sera, che un tramonto ben raffigura. Poiché il ponente è la parte dell’orizzonte dove il sole tramonta… Vorrei, ardentemente vorrei ritrovare la poesia di Borges che insinuò in me la tentazione istintiva di utilizzare questa parola, perché è leggendo una sua poesia che ciò accadde. Ne sono certo» [In riferimento al testo di L’abitudine.]
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