Letteratura
Non piangere: il libro di Lydie Salvayre che descrive l’orrore della guerra
“Non piangere” è un libro straziante e commovente scritto da Lydie Salvayre e pubblicato dalla casa editrice L’asino d’oro. La stessa scrittrice ha vinto con questo libro ambitissimi premi come il Goncourt e Le Livre sur la Place.
Lo sottopongo all’attenzione dei lettori perché è importante riflettere sull’uso improprio della guerra che spesso si cela dietro a subdoli ideali e lancia al popolo messaggi di una lotta giusta ed onesta in nome della patria da salvare e del nemico da combattere o abbattere a tutti i costi e con ogni mezzo.
La scrittrice ha voluto denunciare l’orrore della guerra civile spagnola vissuta in prima persona dalla madre che, all’età di settantacinque anni, subisce delle spiacevoli perdite di memoria che per sua fortuna non hanno mai intaccato l’anno 1936, la più bella estate della sua vita.
E’ un racconto reale quello che ci si prospetta innanzi caratterizzato da sfumature vive, sensazioni forti sublimate all’eccesso e da gioie e dolori che si intrecciano al fine di rendere la narrazione carica di pathos e di profonda verità.
Siamo in Spagna e la guerra civile sta per esplodere. Montse ha quindici anni e decide, insieme al fratello José, di lasciare il paese dove la miseria più nera sembra lacerare ormai gli animi e partire alla volta della città per “affrancarsi dalla schiavitù”. Lérima è la meta ideale da raggiungere. La Spagna del ’36 è sotto l’egemonia dittatoriale del governo franchista e “pullula di gente offesa“. Occorre “una rivoluzione dei cuori e delle menti” perché i giovani dimostrano una natura indomita e meritano di sentirsi liberi.
“Queremos vivir” diventa il loro motto che li guiderà verso una salvezza idealizzata, ma che in quel momento appare la soluzione ideale per realizzare quella vita che hanno sempre sognato. Non più schiavi del loro destino, ma artefici.
In questo racconto intriso di bellissimi ed emozionanti ricordi emerge la voce di Bernanos che nei Grandi cimiteri sotto la luna ha voluto rendere giustizia alla sua terra scrivendo nero su bianco le atrocità commesse durante la guerra e la connivenza fra la chiesa cattolica, definita “infame istituzione”, e le forze militari franchiste.
Dunque in quell’estate così spensierata e folle quei giovani, uomini e donne, combattevano per la libertà convinti che la loro nazione potesse finalmente riscattarsi dal giogo nemico.
Con un linguaggio che non segue i dettami classici della grammatica spagnola e francese, Lydie sperimenta una nuova forma di comunicazione che vuole trasmettere la speranza di non essere legati a formalismi o essere ingabbiati in restrizioni che mal si sopportano, ma vuole esprimere il coraggio di lottare per i propri ideali e ribellarsi in nome della libertà che ancora oggi per molti popoli è considerata un miraggio.
La madre adesso vive in un paesino della Linguadoca e nei suoi occhi si nota ancora quel luccichio che la rende viva come si sentiva in quell’estate del ’36 dove l’essere se stessa le aveva infuso quella fiducia nella vita mai più dimenticata.
“Non piangere” è un libro che va letto con la consapevolezza che cambiare forse è una lotta impari da effettuare nei confronti dei potenti, ma bisogna ricordare che anche se si esce sconfitti, l’importante è averci provato perché la rivoluzione parte prima di tutti da noi stessi e siamo propri noi che dobbiamo dare il buon esempio alle generazioni che verranno affinché il futuro venga costruito su base solide e non su fondamenta di carta.
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