Letteratura
“NOI” di Evgenij Zamjatin. Un profetico, abbacinante, romanzo
Ho scoperto, grazie alla lettura del bellissimo romanzo di Giuliano da Empoli “Il Mago del Cremlino” (e quando un libro è fonte di scoperta di altri grandi libri va annoverato, nella mia personale ed enfatica classifica, tra i capolavori) questo libro – “NOI” di Evgenij Zamjatin – di cui ignoravo l’esistenza.
E la mia ignoranza era colpevole. Perché questo libro è un libro che riesco a definire solo con l’infantile aggettivo di “pazzesco”.
Si tratta di un romanzo di purezza distopica, scritto dal russo Zamjatin nel 1922, ossia più di cento anni fa. È un viaggio in avanti 1000 anni, in un topos che di fatto è una città ma che è lo “Stato Unico”, un regime guidato dal Grande Benefattore, in cui gli umani non si chiamano persone bensì alfanumeri e non hanno nomi ma codici, per l’appunto, numerici.
Il romanzo si dipana come diario scritto dal protagonista, D-503, che è uno degli ingegneri di punta del Sistema, impegnato nella costruzione dell’Integrale, ossia una delle megamacchine a totale struttura meccanico razionale che sono perni del dominio nello Stato Unico.
Lo Stato Unico è il regno della razionalità matematica, dove tutto è calcolato, calcolabile e misurabile. Dove tutto è trasparente, a partire dalle case e da ogni angolo delle città, dove la luce del sole rende tutto intelligibile. Unica deroga alla assoluta e obbligata esposizione della vita di ciascuno alla vista di tutti è quella prevista nel momento dell’accoppiamento, non demandato all’amore – nello Stato Unico non esiste alcun sentimento, bensì solo la pura razionalità matematica – ma determinato da un tagliando rosa rilasciato dall'”Ufficio Medico” che stabilisce le ore esatte in cui gli automi umani alfanumerici possono copulare, protetti da semplici tende che oscurano i lucidi cristalli.
Lo Stato Unico, esatto nella sua cubica perfezione, è cinto dalla “Muraglia Verde” che lo protegge da un mondo selvaggio, retaggio di quello che era il mondo del XX secolo, in cui la fa da padrona una natura ferina e villosa.
La storia è di fatto la storia della perturbazione dell’ordine cristallino nella (non)vita di D-503 quando incontra una donna, I-330, che lo ammalia, scandalizzandolo poiché al loro primo incontro clandestino, la donna beve alcol e fuma una sigaretta, due cose proibite e rivoluzionarie nello Stato Unico. Ma la donna non ammalia solo D-503, la lo fa ammalare. E la malattia consiste nella nascita di un’anima con lo sgorgare dell’amore. D-503 diverrà dunque una pedina fondamentale per la Resistenza al dominio silente del Grande Benefattore.
“NOI” è un romanzo impressionante, direi abbacinante nella sua lucidità profetica. Come ho detto è stato scritto nel 1922 ma potrebbe essere stato scritto oggi. Descrive con una inquietante contemporaneità la china, in una prospettiva apocalittica naturalmente, che stiamo prendendo oggi nel nostro mondo. Una società determinata dalla dittatura dei dati e dall’ossessione della prevedibilità, dalla prospettiva conformista e conformante del pensiero unico, dalla sensazione di essere liberi quando invece, in forme sottili, siamo sottoposti a un controllo che rischia di essere asfissiante (si pensi a cosa succede, per esempio, in Cina), la spinta a un salutismo parossistico determinato da una logica di efficienza economica sottesa al funzionamento preciso della società nel suo insieme, la trasparenza come ideologia. Tutto questo Zamjatin lo vide con lucidità. E non solo per criticare l’alba della dittatura comunista ma, allo stesso tempo, per mettere in guardia l’umanità dalla meccanizzazione tayloristica e funzionalità della vita nella sua integralità.
Non è un libro facile, “NOI”, in alcuni punti si ha la sensazione di entrare in una spirale di visionarie letteraria non controllabile, una sorta di lucido delirio nello stile del finale di “2001 Odissea nello spazio”, ma il fluire della narrazione e l’eccellente traduzione di questa versione riportano il lettore al nucleo fondativo di questo testo che si presta a più letture.
Romanzo politico, come detto; ma anche romanzo filosofico che traguarda gli orizzonti dell’assoluto chiamando in causa la relazione tra infinto matematico e Dio; romanzo perturbante, dato che mostra come si stia in una condizione di felicità senza libertà, ben prima di diventare “alfanumeri”; ed è, infine, un romanzo d’amore perché la rivoluzione inizia dallo scoprire che non è l’esattezza e la neutralità ella perfezione matematica a far scorrere la vita, bensì quella malattia che da sempre interroga l’umano rispetto al suo destino. E quella “malattia” è l’anima.
Chiudo questo consiglio di lettura con l’incipit della prefazione di Zamjatin, un incipit sferzante che rende onore alla grandezza del testo:
“Tempeste, temporali – che fendono il cielo, mandando in frantumi anche il più silenzioso dei silenzi: sono la cosa più bella sulla Terra; e ci saranno sempre, per secoli e secoli, finché la Terra non diventerà vecchia e si assopirà, come l’angelo della Chiesa di Laodicea, in un terrore d’entropia. Finché nelle vene degli uomini continua a scorrere sangue rosso e caldo, finché l’umanità è ancora giovane, sempre ci saranno rivolte e rivoluzioni. Sono necessarie, come i temporali: perché il sole sia più accecante, l’aria più cristallina, i fiori più fragranti.
Solo chi è ormai è privo di denti puó vagheggiare i tempi laodicei, quando tutto sarà ammansito, concluso, contato, misurato, quando non ci sarà più alcuna intemperanza, alcun grido. Non conosco nulla di più tremendo di una simile epoca entropica: la sua ombra si stende sulle pagine che seguono.”Autore: Evgenij Zamjatin
Editore: Mondadori
Pagine: 235
Prezzo: € 14,00 (cartaceo)
Data di pubblicazione: 2018@Alemagion
www.facebook.com/alessandro.maggioni.792
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