Letteratura
Nessuno esca piangendo: un libro che insegna l’arte di amare
Dopo la polemica che il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha scatenato promuovendo la campagna del Fertility Day, ecco che è giusto soffermarci a riflettere su quale sia il messaggio che si è voluto comunicare. Secondo il mio modestissimo parere, l’immagine di una donna che tiene in mano una clessidra, simbolo del tempo che passa inesorabile, è stata riprovevole perché io credo che decidere di mettere al mondo un figlio sia una questione estremamente delicata da affrontare, e soprattutto personale, e sentire che il proprio orologio biologico sta scadendo e che superata una certa soglia si è considerati donne “inutili” nell’atto di procreare, bè, per me è decisamente troppo.
Il ministro ha per caso considerato le variabili? Ha pensato se questa campagna potesse urtare la sensibilità di ogni donna?
Affermo questo perché fra le varie letture che avevo in programma di leggere ho scoperto un libro delicato, sensibile e motivante che fa riscoprire la nobile arte di amare. Il libro s’intitola “Nessuno esca piangendo” edito dalla casa editrice Utet e scritto da Marta Verna, un medico, che ha voluto mettersi a nudo raccontando la propria esperienza personale e il fatto di non aver potuto avere dei figli.
Il libro infatti è un memoir nel quale si alternano casi di bambini ammalati nel reparto pediatrico che oscillano fra la vita e la morte e il racconto schietto di una donna che descrive con precisione e dovizia di particolari il calvario che ha vissuto con il marito Fabio e le estenuanti prove che è stata costretta a subire pur di rimanere incinta.
Sono sentimenti contrastanti quelli che appaiono agli occhi del lettore e che fanno vedere il dolore come sfaccettato. Un dolore che a volte si trasforma in speranza percepita negli occhi di questi bambini pieni di vita o che altre volte si trasforma in rassegnazione oppure è un dolore sordo che nutre l’anima e che allontana la coppia che si chiude in un silenzio che diventa quasi un oblio nel quale sprofondare pur di non accettare la cruda realtà.
Fecondazione assistita, ormoni da iniettare sotto cute, corsa contro il tempo diventano termini familiari che fanno perdere di vista ciò che ruota attorno perché il fallimento e l’impossibilità di essere incapaci di mettere al mondo un figlio non danno pace.
Eppure in mezzo a tanta sofferenza che ti consuma senza che tu te ne accorga, l’amore verso il prossimo, marito, paziente, genitori dei bambini ricoverati, diventa l’unico sentimento al quale aggrapparsi per ritrovare quella forza ormai perduta e quando si scopre che si può essere madri in tanti modi, prendersi cura dei propri pazienti è già un valido modo, allora ecco che si avverte una nuova forma di rinascita e una consapevolezza maggiore di chi siamo.
Con un linguaggio struggente ed avvolgente come un abbraccio, Marta Verna ha saputo confezionare un libro che merita assolutamente di essere letto perché se per amare ci vuole coraggio, per ritornare a vivere ce ne vuole molto di più.
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