Letteratura
Nel trambusto contemporaneo “le affinità elettive” trovano ancora spazio?
Tra i romanzi di Goethe, “Le affinità elettive” probabilmente è il più inesauribile, quello che più di tutti contempla l’universalità del tempo e dei sentimenti, delle pulsioni irrazionali e della natura profonda dell’animo umano. L’opera rivela il conturbante equilibrio tra il controllo della bellezza contemplativa e un inconscio destabilizzante, che, dopo aver dato le prime manifestazioni di sé nel tentativo di conquistare spazio esterno, va affermandosi nell’esito tragico della vicenda. La trama è di una apparente semplicità: due sposi, Charlotte ed Eduard, che vivono in una comoda tenuta di campagna, invitano un amico di Eduard (il Capitano) e una ragazza di nome Ottilie di cui Charlotte è tutrice. L’ingresso di queste due figure nella vita della coppia dà origine a qualche trasformazione che finisce per incidere sulle smanie dei coniugi, fino a quando Charlotte si innamorerà del Capitano ed Eduard di Ottilie.
Va da sé che non si tratta affatto di un poema sull’adulterio, o sulle ambiguità morali, quanto piuttosto sul complesso rapporto tra la stessa letteratura e la vita, la forma e il caos, le regole e l’anarchia dell’anima.
D’altronde, il titolo sembra essere emblematico, riprendendo l’operazione chimica di attrazione e repulsione tra sostanze diverse. E, a quanto pare, per quel che concerne determinati legami, nel mondo delle donne e degli uomini valgono le stesse leggi che regolano la natura. Pertanto, se il matrimonio può essere definito lo status formale e sociale delle relazioni sentimentali, le affinità elettive rappresentano la forza naturale che irrompe, distruggendo l’ordine costituito. Questo, nel romanzo. In genere, nella vita, le affinità elettive possono soprattutto costruire laddove non ci sia nulla da demolire.
Ma, ritornando a quelle pagine: il grande umanista dimostra, da par suo, che il potere della natura non si arrende alla morale civile, soggiogando la razionalità dell’umanità. «Quelle nature che quando si incontrano e si catturano rapidamente e si determinano l’un l’altra, noi le definiamo affini», spiega Eduard, parlando di acidi e alcali. Ecco, piuttosto che la sovrapposizione di propensioni uguali, è l’incontro armonico tra due sensibilità diverse, ma ad incastro, a determinare una intensa attrazione e corrispondenza tra due individui. E questa, al di là del romanzo goethiano, potrebbe essere una spiegazione alternativa delle “affinità elettive”, la cui eccezionalità non può essere limitata al feeling amoroso, ma estendibile a diversi gradi di intesa. Meno che mai le affinità elettive prefigurano il patetico incontro con l’anima gemella, che rimane, com’è noto, l’idealizzazione del partner caduto innamorato.
Non credo, pertanto, sia giovevole minimizzare il concetto e tentare di abbassarlo fino a fargli perdere lucentezza: le affinità elettive si manifestano negli incontri elevati tra due persone che, nel loro modo di essere e pensare, stabiliscono una intimità viscerale che muove i primi passi nell’inconscio e indipendentemente dal tipo e dalla durata del rapporto che tra loro si stabilirà. Per me restano sublimi quelle tra il compositore Pëtr Il’ič Čajkovskij e la sua mecenate, la contessa Nadežda Filaretovna von Meck. I due non si incontrarono mai e comunicarono con brevi missive. E, scrivendo sale un dubbio: nel parapiglia contemporaneo, dove la nevrastenia di massa, non solo sui social, scoraggia la riflessione lenta e analitica, ci sono ancora tempo e spazio per lasciarsi scuotere da quelle affinità elettive che legano le persone in maniera immediata, acuta, e penetrante, nel segno del rispetto, della comprensione e dell’affetto reciproco? La risposta è da ricercare nel tempo universale che ciascuno sa ritagliarsi nel tran tran quotidiano di quest’epoca così minima.
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