Letteratura
MARIA, LA GRAZIA PRIMA DEL MISTERO. DIO, SOLO PER QUESTA VOLTA, ASPETTA
La figura di Maria ha il fascino primigenio ed ancestrale della Grazia pura: “non conosco uomo”, dice all’angelo.
Nel Vangelo rappresenta la modestia, il candore, l’accettazione di ciò che non si capisce, la lieve dolcissima riflessione prima del Compimento delle Scritture.
Donna “piena di grazia”, prima che partorisse.
In questo lampo c’è l’avvolgente segno divino.
Maria possiede la passività meravigliosa, perché in Lei si annuncia il massimo vuoto e si compie la pienezza dell’Assoluto.
Ella è identificata come la figlia di Sion, ove si incontrano il cielo e la terra, perché Sion è la città vivente di Dio.
«Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re»
(Zaccaria 9,9-10).
È anche il roveto che non brucia (Es 3,1-6), perché la Sua è una permanente verginità che non si consuma, rimane intatta come la raffigura Michelangelo nella Pietà: giovane contro il Tempo che passa.
È come, si legge nel Cantico dei Cantici, giardino serrato. Stella del mare, aurora, prato verdissimo nel quale appare un fiore, che, così bello, risplende in eterno; esso è tra gli altri, come il giglio fra i cardi.
L’Angelo la interroga nella notte più lunga, quella del concepimento del divino: ora è il cielo ad ascoltare. Dio per la prima ed unica volta è secondo, ma solo rispetto a Lei, perché è Lei che deve decidere: anche Dio impara ad aspettare; questa è la grandezza di Maria che va oltre l’infinito.
E qui si compie la poesia più toccante che l’uomo abbia mai potuto ascoltare.
Quando l’Angelo le annuncia che partorirà il Figlio di Dio, Maria si smarrisce, si perde, è incredula come una bimba indifesa, rapita nella sua ingenuità. Si sta per compiere, rompere, svelare il mistero dell’inaccessibile, perché Dio non appare, ”copre” Maria con la sua ombra diafana dicono i Vangeli.
Sul volto di Maria, nonostante l’aspettazione divina c’è, come dice Sartre, “lo stupore ansioso che non è apparso che una volta sola su un viso umano”. Avrà tra le sue braccia il Figlio di Dio che cambierà la storia del mondo.
Maria così risponde all’ Angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Non ha toccato nessuno, neppure il silenzioso e buono come il pane, Giuseppe, il suo promesso sposo.
«Giuseppe prese con sé la sua sposa e non la conobbe fino a quando non partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.»
(1,24-25).
Non la conobbe, non la lambì, non la sfiorò, non la toccò: tra i due sposi c’è stato solo il filo delicato della tenerezza, dell’unione intensa dei cuori. Un amore fatto di sguardi, di carezze, di cura, di protezione.
Maria è pura: benché legata a un uomo, vive “come se non lo fosse” (v. 29); viveva “in assiduità presso il Signore, senza distrazione”.
La scissione tra Dio e l’uomo si colma, si rapprende, si rinchiude, ciò che è separato si riunisce nel suo grembo.
Dante, ricordando l’Inno alla Vergine di San Bernardo di Chiaravalle nel XXXIII Canto del Paradiso, dice di Lei:
”Nel tuo ventre si accese l’amore (di Dio per gli uomini) per il cui calore è germogliata nell’eterna pace del paradiso la rosa dei beati. In cielo sei, per noi una fiaccola di carità ardente come sole meridiano, e in terra, fra i mortali, sei sorgente inesauribile di speranza. Signora (donna: dal latino domina, “padrona”, “signora”), sei tanto grande e hai tanto potere (presso Dio), che chiunque voglia la grazia divina e non ricorra a te, nutre un desiderio vano, come di chi voglia volare senza ali… In te si raccolgono misericordia, pietà, munificenza, tutto ciò che di buono può esserci in una creatura”.
Ecco, Maria accoglie l’Infinito, perché aveva la grazia prima che si compisse il mistero. E Dio ha imparato ad aspettare.
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