Letteratura
Ma che senso ha l’editoria indipendente?
Oggi è la giornata mondiale delle librerie indipendenti. Quelle librerie che chiudono disperatamente: Roma negli ultimi 4 anni ha perso 50 storiche librerie, Milano ne perde una ogni mese. Quelle librerie, dunque, che sono battitrici libere: non hanno gruppi (né grandi né piccoli) alle spalle, decidono autonomamente cosa comprare, cosa proporre, che cosa rifiutare. Quelle librerie, insomma, che ogni giorno e letteralmente combattono una battaglia spietata che è fatta di sconti, conflitti per accaparrarsi l’autore più o meno noto, l’anteprima.
Il mercato italiano è molto contenuto. Vale secondo l’ultimo rapporto AIE 2,530 miliardi euro. Gli italiani che leggono almeno un libro l’anno sono 4 su 10 (secondo l’inquietante rapporto ISTAT), e i lettori che invece posso essere definiti forti, ovvero che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 13,7% (erano 14,3% nel 2014), mentre quasi un lettore su due (45,5%) si conferma “lettore debole”, avendo letto non più di tre libri in un anno. Gli ebook non hanno molto peso: solo 8 italiani su 100 ne hanno letto o scaricato uno negli ultimi tre mesi (a fronte dei 4,5 milioni di utenti che hanno utilizzato Internet negli ultimi tre mesi).
Nonostante questi dati ridicoli – basti pensare che il comparto moda vale 52,4 miliardi di produzione nel 2015, 402.700 occupati e di un saldo della bilancia commerciale di più di 8,5 miliardi – il mercato editoriale italiano è spietatissimo. E starci dentro – da autrice che pubblica con case editrici indipendenti, e da editrice indipendente – è una grande scommessa. Una scommessa densa di fermento, di soddisfazioni, di momenti davvero duri, incredibilmente duri (soprattutto quando arrivano i conti), e di una straordinaria bellezza.
Niente è più bello di dare la voce a un libro che ti ha spaccato in due il cuore, che ha cambiato (anche di poco) la tua visione della vita, che ha rappresentato una tappa importante. Si dice che un libro per il suo autore è paragonabile a un figlio, ma stampare il libro di un altro che hai visto crescere, che hai visto prendere forma o tradurre… è un’emozione ancora superiore. Non è dare voce a se stessi, ma restituire un suono alla voce degli altri.
Con questo spirito oggi ho pensato alla giornata nazionale delle librerie indipendenti, leggendo con piacere – grazie al suggerimento di Simone Caltabellota che ne ha discusso su facebook e ha sintetizzato il suo pensiero un comunicato che trovate qui – un articolo pubblicato sul The Guardian. Si tratta di un pezzo che sta generando molte polemiche nel mondo anglosassone, ed è a firma della giornalista e scrittrice inglese Paula Cocozza. Riguarda il calo di vendite degli ebook, che nel 2016 hanno avuto in UK un crollo del 17% rispetto al 2015, mentre il libro cartaceo ha conosciuto una crescita dell’8%.
Il senso è: i libri di carta sono un sacco di cose diverse e in più di un ebook. Per quanto l’editoria abbia provato a vampirizzarli non c’è riuscita. Adesso, però, sta pagando le conseguenze della sua trascuratezza. Conseguenze che da una parte hanno guidato la creazione di libri di carta prodotti con minore cura, dall’altra hanno spinto verso la sublimazione dell’editoria, di un’editoria fatta di cura dei dettagli, di attenzione e di auto-determinazione.
Quando due anni fa con altri tre soci ho fondato Atlantide, non pensavo che la nostra scelta di non andare in altre librerie che in quelle indipendenti, evitando qualsiasi altro circuito, come le catene o Amazon, fosse così radicale. Non lo pensavo, perché mi sembrava una cosa giusta e dunque il problema non si presentava. Ed è in giornate come questa, in cui mi vengono in mente le facce e i nomi dei nostri librai, gli incontri, le discussioni, le insicurezze che penso che sia stata la cosa più saggia, più giusta, più necessaria. Perché se il sistema culturale italiano è in crisi è anche colpa del rapporto che si è perso fra il libraio e il lettore. Della poca cura messa nel fare i libri. Dei libri in serie. Dei libri come shampoo. Della massificazione, e della miopia.
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