Letteratura

“Lo stadio universale”: intervista a Stefano Savella

14 Settembre 2023

 

Uscito nel 2021 per Stilo Editrice, Lo stadio universale. Lo sport nella poesia contemporanea è un prezioso volume, curato da Stefano Savella, nel quale viene ripercorsa la storia dello sport contemporaneo attraverso la lente di ingrandimento della poesia, che torna qui a essere protagonista dei fatti sociali.

Ne discutiamo con il curatore.

 

 

Una delle responsabilità in negativo della Rete è senz’altro quella di avere volutamente oscurato i processi di storicizzazione, così da fare sembrare prodotti, servizi e processi sempre nuovi, mai accaduti prima. Nel tuo lavoro tu, invece, parti proprio dalla contestualizzazione storico-sociale dell’oggetto di indagine, cioè lo sport, specificandone origine, evoluzione e definendo poi il periodo a cui la tua analisi si rivolge.

Vuoi ripercorrere con noi tali fasi e dirci perché la scelta di questo titolo?

Nella genesi di questo libro si sono incrociati vari interessi personali: quelli per lo sport, per la storia contemporanea, per la poesia. Conciliarli non è stato semplice; ma ho ritenuto fin dall’inizio che il primo passo, indispensabile, fosse partire da alcune coordinate storico-sociali che potessero aiutare il lettore a orientarsi di fronte ad autori, autrici e opere poetiche talvolta poco o per nulla conosciutə. La prima scelta che ho compiuto è stata quella di concentrare la mia ricerca all’età contemporanea: pur essendo consapevole che la poesia classica abbia tracciato un solco fondamentale nella poesia di argomento sportivo, ho ritenuto che il Novecento (con qualche breve incursione nei decenni immediatamente precedenti e successivi) fosse il secolo in cui quel rapporto, grazie all’erompere della società di massa, si sia saldato definitivamente. A partire dal ventesimo secolo, lo sport cambia pelle rispetto al passato, e l’inaugurazione dei primi giochi olimpici dell’era moderna nel 1896 è soltanto uno dei momenti cruciali di questa trasformazione. Il nuovo rapporto con i mass media, gli interessi economici dietro ai grandi eventi sportivi, persino le relazioni diplomatiche e geopolitiche tra le nazioni hanno portato lo sport a diventare un fenomeno globale. Il titolo che ho scelto cerca di rappresentare tutte queste esigenze: a parlare di “stadio universale” è Maya Angelou, poetessa afroamericana da sempre in prima linea sui diritti civili, in una poesia dedicata alla delegazione statunitense inviata alle Olimpiadi di Pechino nel 2008. C’è già tutto qui: il valore della parola, la questione dei diritti, le relazioni tra due principali potenze del ventunesimo secolo.

 

Quattro sono le sezioni che compongono il tuo volume: Preludi, Spiriti olimpici, Poeti italiani, Il calcio nel mondo. Nonostante l’argomento sia piuttosto vasto e qualsiasi incasellamento avrebbe fatto correre il rischio di cadere in una semplificazione del fenomeno, attraverso questa oculata scelta di suddivisione tu sei riuscito invece a tenerne viva la complessità e a dare conto delle molteplici implicazioni che il connubio sport-poesia genera.

Dopo averci detto qualcosa di ognuno di questi spazi testuali, ci racconti come sei arrivato a costruirli e quanta ricerca e tempo c’è dietro un lavoro di questo tipo?

La sezione Preludi raccoglie alcuni testi poetici composti tra fine Ottocento e gli anni Venti del Novecento, subito prima quindi dell’arco di anni (1932-1936) che ho scelto come spartiacque, all’interno della storia contemporanea, tra due modi di osservare e comunicare lo sport attraverso la forma poetica. Gli Spiriti olimpici sono quelli di poetə che hanno scritto i loro versi in riferimento diretto a una delle edizioni dei giochi olimpici (in un paio di casi, sono loro stessə atletə olimpicə!). La sezione Poeti italiani raccoglie, appunto, sedici componimenti di poeti del nostro paese dedicati allo sport; in questa selezione ho voluto privilegiare, in particolare, testi che affrontassero sport diversi dal calcio, senza però escludere alcune tra le opere senza dubbio più celebri. Infine, Il calcio nel mondo è la sezione dedicata a poetə che, da diverse latitudini e in diverse epoche storiche, hanno celebrato quello che oggi è considerato, a torto o a ragione, lo sport più popolare a livello globale.

Anche in questo caso, ho ragionato a lungo su come impostare la struttura del libro, concludendo che poteva trattarsi della soluzione più pratica nell’ottica della migliore fruizione possibile da parte dei lettori e delle lettrici. Ma non ho mai concepito questa struttura come monolitica; anzi, nelle quattro sezioni troviamo componimenti che possono facilmente scomporla in altre suddivisioni tematiche. Penso alle voci poetiche femminili, a sport intramontabili come il pugilato, all’importanza dello sport in America Latina.

Non è stata tuttavia la suddivisione dei testi a occupare la gran parte del tempo, bensì la ricerca dei testi stessi. Volevo infatti dar voce a poetə provenienti dal maggior numero di paesi, per dare l’idea della globalità del fenomeno sportivo anche in relazione ai componimenti poetici. Per farlo, ho dovuto includere anche poetə mai tradotti prima in italiano, con le complicazioni che ciò comporta a livello di ricerca e traduzione.

 

In uno degli incontri del ciclo di seminari dell’Università degli Studi di Salerno “La macchina dei sogni. Sport, media, letteratura”, con la direzione scientifica di Mario Tirino, abbiamo avuto modo di discutere delle scelte da te fatte per costruire l’antologia poetica, che è parte integrante di questo lavoro; una selezione accuratissima di testi dove, sacrificando in qualche caso la qualità letteraria a favore della comprensione del tema, il lettore viene accompagnato nella scoperta della pratica sportiva a tutto tondo attraverso la lingua della poesia.

Oggi che l’antologia ha senza dubbio cambiato, rispetto al passato, la sua funzione, che valore e che significato le attribuisci tu in questo contesto e in che modo hai operato per costituirla?

Ho sempre considerato l’antologia uno strumento utile alla scoperta di nuovi mondi: ad esempio, di testi di autori e autrici celebri che non avevano avuto fortuna all’interno della loro produzione, o di voci letterarie che il mercato editoriale reputava magari ancora acerbe, e invece già pronte a sollecitare (e solleticare) le emozioni e la curiosità altrui. Quando ho lavorato a Lo stadio universale, ho semplicemente provato a realizzare un’antologia seguendo quella stella polare. Dunque, ricerca, ricerca e ancora ricerca. Alla fine, quando ho avvertito il desiderio di leggere, o di scrivere personalmente, un libro su alcune delle voci poetiche inedite che avevo incluso nell’antologia (ne cito solo alcune: Gilka Machado, Michael Harper, Concha Méndez, Kazimierz Wierzynski), ho compreso che avevo raggiunto il mio obiettivo. A tracciare la strada, in ogni caso, erano già stati i volumi della collana “Ciliegie” della Stilo Editrice, diretta da Daniele Maria Pegorari, che ospita appunto esclusivamente antologie poetiche di questo tenore e nella quale anche Lo stadio universale ha trovato la sua collocazione.

 

Mi piacerebbe che scegliessi e riportassi qui tre testi da te inclusi nel volume e ce ne illustrassi l’importanza, per meglio comprendere senso e significati dello sport oggi ma anche allora.

Partirei dai versi che aprono l’antologia, quelli – per dir così –  più datati: Il corridore di Walt Whitman. Pur essendo stati composti nella seconda metà dell’Ottocento, mostrano in pochissime parole quanto la pratica sportiva (in questo caso la corsa) si stesse evolvendo a livello tecnico attraverso movimenti in grado di migliorare le prestazioni atletiche:

Su una strada piana corre l’allenato corridore,

snello e scattante, gambe muscolose,

di poco vestito, corre proteso in avanti,

i pugni allentati e le braccia un poco alzate.

Ho scoperto poi che Whitman teneva in quegli anni, su un magazine newyorchese, una rubrica in cui, sotto falso nome, dispensava consigli sull’attività sportiva e sulla corretta alimentazione per tenersi in forma… A proposito di figure all’avanguardia: Concha Méndez, vissuta negli anni della guerra civile spagnola e poi esule a Cuba e in Messico, nella poesia Stadio (ma non solo) mostra la forza delle donne di quegli anni nel prendersi spazi e diritti che gli uomini (De Coubertin compreso) consideravano esclusivamente di affar proprio:

Bruna di luna riemergo

rischiarata di iodio e sale.

Restò lì il mare d’argento

con le sue barche e il litorale.

Nello stadio mi alleno

con disco e giavellina.

Al vedermi giocare, sorridono

le acque della piscina.

E il vento – gran volatore –

esce di notte vestito

da tenente aviatore.

Alle tempie mi martellano

i battiti del suo motore…

Oh, vorrei io veder cadere

sullo stadio le stelle

con dischi e giavelline,

e poter giocar con quelle!

Concludo con una poesia di circa sessant’anni successiva, che aiuta a comprendere quanto lo sport, quattro decenni dopo la fine del secondo conflitto mondiale, fosse ancora uno strumento di rivalsa e rivendicazioni di natura geopolitica. Il poeta di Rotterdam Jules Deelder scrive nel 1988 un Inno nazionale dedicato all’evento sportivo più glorioso nella storia olandese: la vittoria ai campionati europei di calcio di quell’anno, grazie alle magie di Gullit e Van Basten. Ma non è in seguito alla vittoria in finale che Deelder celebra la sua appartenenza nazionale, bensì dopo aver sconfitto in semifinale la Germania Ovest. Gli ultimi tre versi collegano dichiaratamente l’esultanza sportiva con il ricordo dei caduti dell’occupazione nazista del paese:

Oooooooo!

Ci ha provato

la mano del portiere

ad allungarsi

verso il pallone

che un minuto

prima della fine

la tedesca linea

di porta ha superato.

I caduti

risorsero esultanti

dalle loro tombe.

 

Stefano Savella, nato a Barletta nel 1982, è redattore editoriale, pubblicista e blogger.  Suoi articoli sono apparsi negli anni scorsi sullo «Straniero» e su «Nazione Indiana». Ha pubblicato “Soffri ma sogni. Le disfide di Pietro Mennea da Barletta” (Stilo 2013) e nel gennaio 2017 è uscito il suo secondo libro, “Povera patria. La canzone italiana e la fine della Prima Repubblica” (Arcana).

 

 

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