Letteratura
Lo scrittore prefabbricato
Oggi più che mai è tutto prefabbricato, soprattutto nel nostro Paese. Qualsiasi cosa ha dei componenti che arrivano da altre parti del mondo e poi vengono messi insieme in Italia, oppure vengono pure riuniti altrove e l’Italia, dopo aver posato la ciliegina, ci mette la firma: Made in Italy. Ben poco è rimasto di autenticamente fatto in Italia, forse il panettone, ma non ci metterei la mano sul fuoco. I pomodori vengono dalla Cina, talvolta dall’Olanda, la carne dalla Francia, le uova chissà da dove, le pere dal Cile o dall’Argentina, i fagioli dal Canada, il latte boh, i formaggi sono fatti coi manici degli ombrelli e il vino probabilmente è liofilizzato. A meno che uno non si coltivi la frutta e allevi i polli in giardino, allora è sicuro che siano fatti in Italia.
Anche buona parte degli scrittori, in Italia, è prefabbricata. Soprattutto lo sono gli editori, quelli grossi, e le agenzie letterarie, ossia coloro che dovrebbero leggere e capire i talenti che propongono loro le proprie creazioni.
Dello scrittore prefabbricato ne parlava, un secolo fa, Robert Musil, nell’introduzione alla sua opera “Pagine postume pubblicate in vita” (1936). Evidentemente il problema si poneva già allora e pure Pasolini, nel 1968, parlava della mercificazione dello scrittore e quindi dell’industria culturale che lanciava e pubblicava libri mediocri, proprio perché lo scrittore, anziché essere veramente libero, doveva compiacere la borghesia, con premi di dubbia utilità come lo Strega.
Anche Franca Valeri, in uno dei suoi monologhi esilaranti, Salotto letterario, annientava il premio Strega colla sua ironia tagliente, mostrando tutto lo snobismo intellettuale, o falsamente tale, di certi premi dedicati al libro come “prodotto”:
E qui torniamo a Pasolini, sempre in “Il Caos”, 1968-70: “non si potrebbe mai dire “produrre” un libro (parlo di un libro di autore, per cui la parola “produrre”, anche in senso metaforico, sarebbe offensiva): si dice “fare” un libro. Io “faccio” un libro senza bisogno di produttori: me lo “faccio” da me, in casa mia, con la mia penna, sulla mia carta, “come un vecchio artigiano” che “fa” vasi, sedie, stivali.”
Se ci guardiamo in giro la “produzione” di libri inutili è veramente sconfortante, anche scritti male e redatti ancor peggio. Non si comprende quale sia lo scopo di tutta questa fuffa letteraria, mai come in questo momento c’è stata una tale attività creativa, in un paese di analfabeti e dove sempre meno gente legge o sa leggere.
L’unica lettura possibile del fenomeno è che, appunto, il “prodotto” libro sia come un feticcio, tornato in auge durante la pandemia, in un momento in cui si è riscoperto che il tempo per leggere c’era per via del confinamento obbligatorio, quindi di ripiegamento in sé stessi, ritrovando il proprio microcosmo. Ma ciò non ha migliorato la qualità dei libri stessi, di molti libri scritti di recente, intendo.
I classici sono immortali, e nei classici sono inclusi i capolavori di scrittori anche contemporanei di Pasolini o della Valeri e oltre, ma si tratta di autori che hanno qualcosa da dire, che aggiungono qualcosa.
Il conformismo letterario di oggi appiattisce tutto. Molti autori sono come prefabbricati, appunto, con arredamenti, stili ed elementi strutturali comuni, ma poi, quando ci si ritrova davanti alle pagine scritte ci si chiede: ma che cosa sto leggendo?
Ciò che spesso manca, fatta eccezione per alcuni autori, a parte un linguaggio piatto e povero, è un distacco ironico da tutto, dalla vicenda, dai personaggi, anche da sé stessi. Molti si prendono enormemente sul serio e descrivono situazioni banali, forse perché è banale la quotidianità, e hanno un grande successo, soprattutto, biografie e autobiografie inventate di personaggi televisivi e mediatici, che hanno tra i venti e i trent’anni di età. Avere una vita degna di essere descritta in tutti i dettagli a quell’età, perbacco, è un gran privilegio. Ma non tutti sono Mozart, che aveva avuto una vita precoce e densa di composizioni ed eventi e anche stroncata a soli trentacinque anni. Eppure lui non scrisse nessuna autobiografia, era molto più impegnato a scrivere ben altro, le biografie gliele scrissero postume, a cominciare da Stendhal.
Invece, oggi, qualsiasi soubrette o personaggio, sia esso un politico o un gieffino, si sente in dovere di scrivere di sé e inondare il mondo della propria inutilità.
Basti pensare a ciò che scrivono della propria persona, o che dei ghost writer scrivono di loro, i politici: “Io sono Giorgia” scritto di sua mano, che si aggiunge alla versione sotto forma di intervista raccolta da Alessandro Sallusti “La versione di Giorgia”, per esempio. O “Controvento” scritto, seh, vabbè, e noi ci dovremmo credere, nientedimeno che da Matteo Salvini. È vero che c’è l’autobiografia in terza persona, arricchita da un adeguato apparato iconografico, del Supersilvio, la più pubblicata in assoluto, Una storia italiana, insuperabile esempio di autoesaltazione. Regalata a milioni di famiglie in tutta Italia con generosità. Oppure abbiamo le autostorie di Costantino Vitagliano (c’è qualcuno che se ne ricorda ancora? Era una vera star del salotto di Maria De Filippi alcuni anni fa), “Dedicato a voi”, dove l’autore narra le proprie gesta adolescenziali. Intere foreste disboscate per stampare opere inutili che vanamente riempiono gli scaffali delle librerie.
Più recentemente possiamo osservare i diari affidati ai social di Alessandro Di Battista, anche prolifico autore di instant book che non ho letto perché, dopo aver letto per curiosità le cronache del passeggino dei viaggi americani, mi sarebbe sembrato di buttar via il tempo. Basta un brano, spalmato sul suo profilo facebook, per rendersi conto: “Mio figlio dorme e ride. Di giorno dorme troppo purtroppo, il jet lag l’ha colpito e, più o meno come le sue prime tre settimane di vita, ha scambiato il giorno con la notte. Lo portiamo per le strade di San Francisco legato addosso a noi e lui osserva, poi si addormenta, poi sgrana gli occhi e si lascia conquistare da panorami, suoni e odori sconosciuti. Ha soltanto 8 mesi ma ha già visto l’oceano.” Facendo dire al figliolo cose che non può esprimere per la giovane età, per esempio. Voi leggereste qualcosa scritto da un simile autore? Io no. Nemmeno un po’ di pudore per il bambino.
E, inevitabilmente, parlando dei social, mi riallaccio alla “Biblioteca” del romanzo “Le venti giornate di Torino” di cui accennavo nell’ultimo mio intervento su questo giornale.
Vorremmo storie appassionanti che possano portarci a percorrere viaggi interiori e ripensamenti, storie come quelle di Dickens, di Maupassant, di Sartre, di Moravia, di Morante, di Manzini (Gianna), di Ortese. Eppure le grandi case editrici e i premi letterari attualmente rifuggono o non sanno riconoscere le opere valide. O le riconoscono e le evitano perché hanno in mente lo scrittore prefabbricato che deve rispettare certi canoni, come un prodotto qualsiasi, un profilato metallico, un concime per le piante d’appartamento, una crema di bellezza.
Come siamo invasi da oggetti inutili, venduti da aziende a prezzi stracciati, che invadono i nostri telefoni intelligenti con pubblicità ammorbanti, così è ormai impossibile distinguere le opere letterarie degne di nota nella “produzione” editoriale nostrana.
Forse qualcosa si recupera attraverso alcuni blog letterari di veri appassionati della letteratura che suggeriscono titoli meno noti, che hanno trovato accoglienza in case editrici minori ma che non avranno mai una grande distribuzione e una visibilità mediatica come “Io sono Giorgia” o “Il mondo al oirartnoc”, altra opera superflua se non dannosa.
Io suggerisco “Il grande libro dei tarli” di Tommaso Lisa, che mi hanno recentemente regalato, illustrato dall’autore, dove, come Alice nel paese delle meraviglie, lo scrittore entra nel mondo minimo del coleottero scoprendone le opere d’arte, pur distruggendo i mobili, inserendosi così nel filone entomologico della trilogia di Maeterlinck (La vita delle api, La vita delle termiti, La vita delle formiche). Per esempio.
Tenere d’occhio i blog degli appassionati di libri può far scoprire la letteratura di qualità, che raramente si troverà tra i best seller. Amen.
Se avete romanzi, racconti, storie interessanti che avete letto, suggeritele nei commenti, magari si riesce a creare una catena di interesse verso opere che meriterebbero maggior visibilità.
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