Letteratura

Lo scrittore e il generale

8 Aprile 2017

Mi capitava spesso di incontrare Alberto Moravia a Venezia, all’inizio degli anni ‘80.
Aveva comprato una casa, che stava proprio di fronte alle finestre del mio ufficio ( i due stabili erano separati da un canale largo poco più di tre metri) .
Stava facendo ristrutturare l’immobile e ogni tanto veniva per verificare l’avanzamento dei lavori.
Stando seduto alla mia scrivania, di tanto in tanto, lo vedevo affacciarsi al balcone e fissare, quasi sempre accigliato e pensieroso, l’acqua scura del canale,.

Qualche volta lo vedevo parlare con l’architetto che si occupava della ristrutturazione dell’appartamento. Lo ascoltava con rara concentrazione, dando poi risposte secche e nervose, come a chi fa domande ovvie o inopportune.

Ma più spesso lo incontravo al cinema Accademia, un vecchio esercizio che adesso non c’è più, come quasi tutti i cinema veneziani di trent’anni fa.
Si sedeva molto vicino allo schermo ed era sempre accompagnato da un amico che, per tutta la proiezione, era impegnato a ripetergli le battute del film che il Maestro, ormai mezzo sordo, non era riuscito ad afferrare. Spesso zittiti dagli altri spettatori, i due facevano finta di non accorgersene.


Terminati i lavori della casa, Moravia cominciò a venire a Venezia per brevi periodi,
sempre accompagnato da qualche amico.
Un giorno mi capitò di incontrarlo in macelleria. C’erano due o tre persone prima di lui, il Maestro aspettava tranquillamente il suo turno con la solita espressione accigliata.
All’improvviso entrò nella bottega e puntò immediatamente verso di lui un signore di un’ottantina d’anni, un vecchio generale in pensione che conoscevo di vista.Il generale si portò immediatamente davanti allo scrittore e iniziò a rimproverarlo aspramente. Tutti i presenti fissavano la scena incuriositi, cercando di capire.
Alla fine fu chiaro a tutti che il generale, vicino di casa del Maestro, si lamentava del chiasso che, fino alle prime ore del mattino, proveniva dall’appartamento di quest’ultimo.

“Tutte le sere, tutte le sere! “ urlò gesticolando il generale.
Il Maestro lo guardava con gli occhi sbarrati, incerto tra il desiderio dare delle spiegazioni e l’impulso ad abbandonare la macelleria.
In fondo vengo qui poche volte all’anno e sempre per pochi giorni ” provò a dire alla fine.
Che significa? ” ribattè l’altro, implacabile “ Che in quei pochi giorni lei e i suoi amici avete il diritto di disturbare i vicini con i vostri schiamazzi notturni?”
” Schiamazzi? Era solo una discussione…” rispose debolmente il Maestro, guadagnando l’uscita della bottega e rinunciando alla sua ordinazione
” Schiamazzi, schiamazzi, schiamazzi, caro signore ” si mise a scandire implacabile il generale, incalzandolo verso l’uscita e piazzandosi in mezzo alla calle, mentre l’altro si allontanava il più velocemente possibile.

Finito il suo show, il generale rientrò nella macelleria con aria soddisfatta.
“La prossima volta chiamo il 113!” ci annunciò con tono deciso.

“Non le sembra di avere esagerato?” gli disse gentilmente una signora molto distinta “ è un grande scrittore e lei lo ha trattato come uno scolaretto”.
Il generale la guardò per un attimo poi inaspettatamente sorrise. “ Semmai era un grande scrittore, cara signora. Sono quarant’anni ormai che continua a scrivere senza aver più nulla da dire”

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