Letteratura
L’identità è Il contrario della solitudine
È la tarda primavera del 2012 e le giornate a Cape Cod sono sempre più lunghe e il sole cala sempre più tardi. Marina Keegan ha ventidue anni, studia a Yale e sta iniziando una collaborazione con il New Yorker. Marina è una giovane scrittrice promettente e molto ambiziosa, le vacanze di primavera ha deciso di trascorrerle a casa dei suoi genitori insieme al suo ragazzo. Marina è una delle migliori studentesse del corso di scrittura creativa della professoressa Anne Fadiman, è un’attivista dei Democratici a Yale e la prima volta che ha votato ha scelto Barack Obama.
Marina è una giovane donna appassionata e impegnata, il suo futuro si specchia in quello di una generazione che ha dato all’America la possibilità di una svolta con Obama e che sta capovolgendo tutti i paradigmi fino ad ora conosciuti sia in ambito economico che culturale.
Lontana dall’ideologia grunge degli anni Novanta e dalla nostalgia per il passato Novecento, Marina Keegan cavalca criticamente il cambiamento: partecipa alle proteste di Occupy e scopre la propria identità attraverso un uso sagace e autonomo della rete. Ma la banalità del male interrompe questo flusso e azzera ogni promessa mentre l’auto guidata dal fidanzato una sera del 26 maggio sbanda e si ribalta: un colpo di sonno. Lui rimane illeso e lei muore sul colpo.
Quello che oggi possiamo leggere con ammirazione mista a commozione è il ritratto sotto forma di saggi e racconti di una donna di questo tempo. Un tempo di cui si sa tutto, ma di cui in realtà si sa sempre troppo poco, sempre così schiacciato da ciò che dovrebbe e da ciò che speriamo o crediamo debba essere. Marina Keegan fa pulizia, fa un lavoro di precisione di rara qualità, Il contrario della solitudine (Traduzione di Manuela Faimali, Mondadori 2015) è il racconto dei giorni e delle speranze di un’epoca felice e più solidale di quanto si possa credere.
Il libro composto postumo tenta di decifrare quella parola sconosciuta che dovrebbe saper definire il contrario della solitudine, ma esplicita anche la necessità viva di raccontare e di dare forma alla gioia e alla bellezza di una vita relazionale intensa e continua, fatta di contatti lontani e solo digitali, ma anche di amicizie intense e brucianti.
Il contrario della solitudine ha il grande merito di ripulire il campo dai molti discorsi retorici attorno ad una generazione e lo fa con il mezzo più spontaneo e contemporaneamente raffinato della leggerezza. La narrazione di Keegan è di fragile durezza: non concede nulla, ma contemporaneamente contiene dell’ingenuità giovanile lo slancio. Un equilibrio raffinato frutto di un talento a tratti ancora acerbo, ma perfettamente regolato all’interno di una narrazione puntuale. Keegan lavora di cesello, incidendo con cura, delineando le sfumature con una grazia esperta sorprendente.
In ognuno dei pezzi contenuti nel volume si respira attenzione e cura, ma anche una capacità di sguardo mai banale, mai scontata. Keegan a ventidue anni ha una piena maturità del proprio linguaggio e soprattutto delle proprie esperienze: sa raccontare, sa costruire storie e delle storie sa proporre delle riflessioni. I suoi testi hanno un ritmo già definito; con quella lingua avrebbe potuto raccontare ogni cosa a chiunque nel modo giusto. La cura per il testo di Keegan è direttamente proporzionale alla sua attenzione per il lettore: non scrive per mettersi in mostra, ma per ritrovarsi nel racconto. Mettere in opera la propria identità e non metterla in scena: prendere quello che c’è di vero e farne un racconto con i tempi giusti, con le parole adatte e soprattutto per chi saprà leggendole, ascoltarle.
Devi fare login per commentare
Accedi