Letteratura
“L’Educazione sentimentale” siamo noi
Gallica.fr, ossia la Biblioteca Nazionale di Francia, annuncia per la rentrée di settembre la messa in linea di due capolavori della letteratura universale. Si tratta dell’esemplare di Bordeaux del 1588 dei Saggi di Montaigne con appunti autografi dell’autore e del manoscritto dell’ Educazione sentimentale di Flaubert. Mi interessano entrambi essendo stati libri capitali nella mia formazione. Ma prendo in esame il secondo. Ho amato intensamente l’Educazione sentimentale che ho letto un imprecisato numero di volte in diverse epoche della mia vita. È vero infatti il giudizio di qualche critico accorto (Du Bos) che la prima lettura è come se non fosse mai avvenuta e le altre accompagnano diverse fasi della vita. Edmund Wilson (nel Cronista letterario ) spiegava da genio critico qual era: “ Per apprezzare pienamente questo libro, dobbiamo aver avuto il tempo di conoscere la vita e di acquisire un certo interesse per i drammi sociali e politici in quanto distinti da quelli personali”.
Gli anni dopo la notte degli esami. Di quali drammi sociali e politici distinti da quelli personali parla questo romanzo? O in breve: di cosa parla esattamente questo romanzo? Come per qualsiasi romanzo, non è facile rispondere senza dire sciocchezze. Potrei uscirmene dicendo: “parla della vita”. Boom! Ma sì, questo in fondo è il focus del romanzo. Tutti i romanzi parlano della vita direte voi. Certamente tutti, o almeno ci provano. Allora, annaspando all’obiezione ferale, metto una lente davanti al testo per focalizzarlo e lo porto nel nostro contesto cinematografico italiano per meglio intenderci. E penso che questo romanzo potrebbe avere questo sottotitolo: “gli anni dopo la notte degli esami di maturità”. Sì decisamente. Ma vorrei fare una divagazione prima.
Restando nel cinema italiano, invero, L’Educazione sentimentale si intitola anche uno degli episodi più strepitosi, scritto da Ettore Scola, del film di Dino Risi “I mostri” (1963) che ci spiega meglio di un trattato di antropologia (nel tratto in cui Tognazzi insegna al figlio a fare il furbo, a mangiare tre brioches e a pagarne una) come siamo fatti noi italiani. Ma in questo caso siamo leggermente fuori strada, credo. L’Educazione sentimentale di Scola/Risi è un apologhetto sull’instradamento dell’italiano al proprio carattere nazionale: c’è dentro questo episodio cinematografico tutta la nostra vita collettiva, almeno a partire dalla Controriforma, dal ‘600, ossia dall’epoca dei Promessi sposi, epoca in cui s’è fissato il nostro carattere nazionale. Ma a Flaubert in verità interessava l’analisi di un io, i processi di formazione di un individuo, non di un popolo-nazione. Forse di un io in un popolo-nazione? E sono pervenuto, alla fine, con le diverse sfumature sottolineate e tutte le proporzioni viste, a confrontare le due operazioni artistiche.
Devo essere più preciso tuttavia su questi anni che seguono la notte degli esami, ossia di questo momento della vita individuale che è ormai, dal secondo Ottocento, un rito di passaggio, prescelto anche da Flaubert come antefatto dei suoi numerosi protagonisti. L’Educazione sentimentale è la storia di un nugolo di giovani che usciti dal liceo (Baccalauréat) affrontano la vita adulta a Parigi nel corso di 27 anni, dal 1840 al 1867. È quel periodo centrale della nostra vita, tra giovinezza e maturità, in cui si scioglie il significato della nostra occasione terrena. L’Educazione sentimentale è in tal senso certamente un romanzo di formazione, ma con scacco incorporato. Per dirla con quella formula sintetica e fulminante di Lukács è una traiettoria narrativa condotta tra speranza (giovinezza) e ricordo (maturità). «Visione complessiva della vita come unità svolta ante rem e sua intelligenza complessiva post rem» (ancora György Lukács nel suoTeoria del romanzo (Roma, 1972). Si tratta di una storia tipica di formazione di una individualità dentro il flusso degli eventi, di una educazione sentimentale (sessuale, politica, esistenziale) dentro uno scenario storico: la storia con la minuscola di questo individuo precipuo – Frédéric – nella Storia con la maiuscola.
Prospettiva antagonista. Se andate in Egitto (meglio con le lettere del viaggio in Oriente di Flaubert a seguito) vedrete che i faraoni vengono rappresentati un po’ ovunque in proporzioni gigantesche. La guida vi dirà che è la tipica “prospettiva antagonista”. Il faraone grande grande e i suoi dignitari o i suoi nemici piccoli piccoli. Analogamente nell’Educazione sentimentale Frédèric/Gustave occupa in prospettiva antagonista tutta la scena. Il mondo circostante viene filtrato attraverso il suo occhio. Ma non lasciatevi ingannare e soprattutto non lasciatevi sviare: pagato il tributo alla convenzione dell’eroe centrale il romanzo è corale. Potete ricavare, seguendo i vari personaggi, all’interno del romanzo di Frédéric le storie dei suoi compagnons de route. Anzi i suoi compagni sono forse più interessanti dell’eroe inattivo, del bamboccione Frédéric, come Flaubert stesso definì il suo alter ego e che di lì a poco, secondo l’interpretazione di Ezra Pound, preparerà la strada all’uomo medio sensuale Leopold Bloom. Deslauriers, Pellerin, Dussardier, Sénécal, Martinon, Vatnaz non sono figure di contorno. Sono come Frédéric i coetanei, come i nostri compagni di liceo, alle prese con il rebus della vita. Ci ritroverete personaggi come Sénécal che da posizioni estremiste socialiste passa al padronato (niente di nuovo sotto il sole). «Uomo di teorie, scrive Flaubert, non considerava che le masse e si mostrava spietato verso gli individui». Diventato direttore di uno stabilimento di ceramiche obbliga gli operai a spazzare tutti i pavimenti e a fermarsi un’ora di più il sabato qualora non l’avessero fatto durante la settimana. Vessa «per sentimento del dovere o bisogno di dispotismo» un’operaia che mangia dalla “schiscetta” contro i regolamenti nello stabilimento e le infligge una terribile ammenda. Urla: «La democrazia non è la scostumatezza dell’individualismo. È il livellamento comune sotto la legge, la divisione del lavoro, l’ordine! ». Vi ritroverete la Vatnaz, amante di Arnoux, protofemminista come George Sand che paga la sua audacia a prezzo di isolamento personale in una umida soffitta in preda a sentimenti e risentimenti.
Brevemente la trama. 1840. Frédéric Moreau, uno studente liceale di 18 anni, scorge, sul battello che lo riconduce alla sua città natale di Nogent sur Marne, la signora Arnoux, moglie di Jacques Arnoux, uno speculatore dilettante. Scambia con lei alcune parole ed uno sguardo: è il colpo di fulmine. Questo momento lo segnerà per sempre. La passione per questa donna, amore vero ma di testa, non troverà mai il suo esito naturale. Sia le circostanze come anche le singolari disposizioni mentali dei due amanti non consentiranno il passaggio del sentimento alla fase carnale. (In occasione del loro ultimo straziante e patetico incontro, 27 anni dopo, lei sembrerebbe avere un ripensamento e gli confesserà, troppo tardi, che ha corrisposto il suo amore, pur non cedendogli mai ). Per intanto Frédéric dovrà tornare a vivere in provincia a causa della precarietà della sua situazione economica, prima che una inaspettata eredità gli consenta di vivere nuovamente a Parigi. Frequenterà in seguito Rosanette, una donna facile, incontrata durante un ballo mascherato, e che era stata l’amante di M. Arnoux. Avranno un bambino che morirà. Frédéric avrà anche una relazione con la signora Dambreuse, vedova di un banchiere dagli affari poco chiari. Deslauriers il suo migliore amico, sposerà Louise Roque, amica d’infanzia che invece avrebbe tanto voluto sposare Frédéric.
Il romanzo descrive in una suite di scene totalmente prive di carattere “romanzesco” (e risiede qui il suo difficile fascino) la vita ordinaria di Frédéric a Parigi, lo segue nelle giornate rivoluzionarie del 1848, immerso in piccoli e minuti affari, spesso fallimentari, e nei suoi incontri quotidiani con amici e conoscenti: Deslauriers, Pellerin, Dussardier, Sénécal, Martinon, Vatnaz oltre che con M. e M.me Arnoux. È tuttavia con Deslauriers, amico d’infanzia, anch’egli carico di disillusioni, che Frédéric trarrà, nel ricordare gli episodi giovanili di frequentazione dei bordelli «l’ultima lezione dalla loro educazione sentimentale»: nulla vale i ricordi e le illusioni dell’adolescenza. Su questa scena si chiude L’Educazione sentimentale.
Un romanzo di difficile lettura. Non è un romanzo facile, per nulla. Privo di un nucleo romanzesco centrale il romanzo potrebbe afflosciarsi tra le vostre mani. Perché è una narrazione scritta in odio al romanzesco. È un anti-romanzo, lento, lentissimo (non adatto ai nostri tempi vorticosi) di rivelazione e non di risoluzione (S.Chatman, Storia e discorso) come i gialli, le narrazioni ad enigma o i costrutti narrativi che tendono, come un teorema, a una soluzione necessaria, in cui la fine è già nell’inizio. Questo ha una trama random, non ha avventure, né un intreccio romanzesco né uno scioglimento (dénouement) catartico, anche se il finale dell’ultimo incontro Frédéric /Mme Arnoux è struggente, e lascia impietriti per la bellezza e lo stile con cui viene condotto. È il romanzo su niente che Flaubert aveva lungamente sognato. Dal punto di vista redazionale “non fa la punta” ammetteva lo stesso Flaubert, come una piramide, che raccoglie tutte le linee e le spinte narrative in un punto chiave (come avviene nei romanzi scritti) e racconta la vita, come i romanzi non scritti che sono la nostra vita, fatta di minuti eventi ordinari dei quali fatichiamo a tenere la conta e la successione, e che pure hanno fatto la nostra vita, accidenti: no, qui è di scena questo che incontra quella che incontra un altro che vede un altro ancora, di minimi fatti quotidiani inanellati di giorno in giorno senza un nucleo ordinativo apparente.
Menare il can per l’aia. Immaginate un romanzo che mena il can per l’aia per pagine e pagine, che non quaglia, che si rifiuta di condurre tutte le vicende narrate in un punto di scioglimento finale (come accade a tutti i romanzi romanzeschi) e che invece mima la vita di tutti noi, che non sempre è un romanzo, come una suite di scene che scivolano l’una sull’altra senza molto significato, ma in cui si consuma il senso (o il non-senso?) della nostra esistenza terrena. L’Educazione sentimentale è il romanzo dei fatti senza un fatto centrale, questo sì, messo in prospettiva antagonista. È il piattume dell’esistenza di molti di noi: intende mimare, scientemente, la vuotezza della vita ordinaria in cui incontriamo questo, poi quell’altra, amiamo una e sposiamo un’altra, da socialisti diventiamo spietati padroncini (adattando le nostre idee alla nostra nuova posizione) e veniamo sfiorati dalla storia (il ’48, il ’68, il 77, il ‘92) senza capirci nulla. È un romanzo che si nega ogni risvolto epico, ogni piumaggio romanzesco. Tel quel la vita.
Ma aveva ragione Woody Allen nel film Manhattan (1979) ad annoverare L’Educazione sentimentale tra le dieci cose per le quali vale la pena vivere? Esagerava probabilmente come me, ma ognuno ha le proprie dieci ragioni per vivere.
Be’, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Be’, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me… io direi… il buon vecchio Groucho Marx tanto per dirne una, e Joe Di Maggio e… il secondo movimento della sinfonia Jupiter… Louis Armstrong, l’incisione Potato Head Blues… i film svedesi naturalmente… L’educazione sentimentale di Flaubert… Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili… mele e pere dipinte da Cézanne, i granchi da Sam Wo, il viso di Tracy… (Isaac) well, it has to be optimistic. Well, all right, why is life worth living? That’s a very good question. Um. Well, there are certain things I – I guess that make it worthwhile. Uh, like what? Okay. Um, for me … oh, I would say … what, Groucho Marx, to name one thing … uh ummmm and Willie Mays, and um, uh, the second movement of the Jupiter Symphony, and ummmm … Louie Armstrong’s recording of “Potatohead Blues” … umm, Swedish movies, naturally … “Sentimental Education” by Flaubert … uh, Marlon Brando, Frank Sinatra … ummm, those incredible apples and pears by Cézanne … uh, the crabs at Sam Woo’s … tsch, uh, Tracy’s face (da wikiquote)…
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