Letteratura
le tue mani
Dammi le tue mani, intrecciale con le mie, fammi sentire l’intensa vertigine di un avvenire sognato con te e non più lontano.
Le tue mani eleganti sono come quelle di una pittrice che dipinge quel davanzale sul mare, per bagnare la mia lacerante angoscia e non sentire più i i dolori di uno smarrimento senza fine.
Disegnano le eterne forme del sentire, amorose o meditative, gioiose o dolenti, stupefatte o rammemoranti.
Le tue mani mi danno bontà, perché mi portano l’adagiarsi della tua ammirevole pazienza: smorzano, attutiscono i miei lamenti ingiustificati, la banalità delle insignificanze di una vita ripetitiva e piena di tedio anchilosato: strappano il tessuto resistente delle abitudini invischiate in necessità imprescindibili e donano il vento fresco della tua dorata giovinezza.
Le tue mani mi fanno mille carezze, hanno la grazia soffusa e delicata di un musicista che sa far cantare e risorgere il mio cuore pieno di polvere.
Stretto alle tue mani camminiamo fuori dal tempo, perché sei straordinaria, mi fai vedere dentro l’essenza pregiata delle cose, il midollo delle apparenze, il rovescio del ricamo, comprendere le oscure disobbedienze di cui mi sono macchiato.
Le tue mani porgono il perdono, la tenerezza e la mitezza di un mattino radioso: “continuerai ad esserci quando l’universo sarà finito”.
Le tue mani dissetano, rubano agli dei l’ambrosia ed i prodigiosi semi della bellezza, della quale sei tu effige rilucente, come gli sfavillanti colori della natura.
Con le tue mani tocchi la mia schiena: scocca dal rigido arco il dardo, pregno del veleno dolcissimo che toglie il sonno, perché viene l’amore, l’indorarsi fulmineo del cielo.
Non sarà un desiderio corrotto e mortificato.
Non andare via, non porgermi un saluto amaro; resta con me.
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