Letteratura

Le Miniature Campianesi di Ermanna Montanari

11 Ottobre 2017

Per moltissimi di noi (quelli che sono nati in provincia) il concetto leopardiano di “natio borgo selvaggio” è fin troppo familiare, così come è fin troppo familiare l’impasto di amore e odio, di ripulsa e nostalgia che si prova nei confronti del borgo (o del paese, o del villaggio) nel quale si è nati. E proprio a uno dei tantissimi natii borghi selvaggi italiani – Campiano nei dintorni di Ravenna, meno di mille abitanti – è dedicato il libro Miniature Campianesi, scritto da Ermanna Montanari.

Per chi segue e ama il teatro Ermanna Montanari è un nome molto noto: attrice straordinaria, tre volte vincitrice del Premio Ubu (il Premio Oscar del teatro italiano), cofondatrice nel 1983 di quella bellissima realtà del teatro di ricerca italiano che è il Teatro delle Albe, del quale è tuttora una delle colonne portanti, la Montanari con Miniature Campianesi fa il suo esordio nel mondo della narrativa. Pubblicato da Oblomov Edizioni (casa editrice specializzata in edizioni d’arte a tiratura limitata, fondata dal fumettista Igort) e adornato delle illustrazioni a opera di Leila Marzocchi, Miniature Campianesi è una raccolta di brevissimi racconti (le miniature del titolo) nei quali la Montanari infonde i ricordi della sua infanzia e della sua adolescenza trascorse a Campiano, nel casolare della sua famiglia. Nel libro, realizzato sul modello di un messale antico, ogni racconto è una tappa di un viaggio che porta il lettore nella vita della Montanari e nella profonda campagna romagnola degli anni Sessanta e Settanta, una realtà che oggi è oltremodo cambiata. Le rimembranze dell’autrice si susseguono rapide, consentendo al lettore di penetrare nel suo mondo (anzi, nei suoi mondi) per conoscere da vicino l’Ermanna bambina e adolescente; protagonisti principali di Miniature Campianesi, oltre alla Montanari, sono i suoi familiari, in primis i suoi genitori e i suoi nonni, rappresentanti di un universo contadino ormai scomparso, e poi i suoi fratelli, lo zio del quale porta il nome e la sua cugina preferita, questi ultimi due accomunati da una morte tragica e prematura. Sono diverse le immagini che rimangono impresse leggendo il libro: l’elicottero che atterra sul piazzale della chiesa trasportando una statua della Madonna di Fatima; le due sorelle «innamorate e tradite dallo stesso uomo» (uno “straniero”) che vivono in una casa dalle finestre sempre chiuse; il manto di candida neve «illuminato dal sole che lo trasformava in una coltre di metallo spugnoso» che la piccola Ermanna ammira dalla porta della stalla; gli anni trascorsi all’asilo-collegio della contessa Ghezzo Vitali, dove la Montanari impara «a scrivere, a ricamare, a suonare, a recitare».

Ermanna Montanari (foto di Enrico Fedrigoli)

 

Il periodo della vita della Montanari raccontato in Miniature Campianesi è stato per lei di importanza fondamentale non solo perché in quegli anni avvenne la sua formazione come persona, ma anche perché proprio durante la sua infanzia presero vita le figure del suo futuro repertorio di attrice; per essere precisi nacquero nella “camera da ricevere”, una stanza di casa Montanari che veniva aperta solo a Natale e a Pasqua per accogliere i parenti: è là che la piccola Ermanna si nascondeva per «confidare le mie avventure canterine e i miei travestimenti, che da lì iniziarono a prendere forma». L’immaginario infantile-adolescenziale dell’autrice – con Campiano, i suoi familiari e tutto il resto – ha fatto da substrato e da fonte di ispirazione per molti dei personaggi che la Montanari ha creato e continua a creare nella sua straordinaria carriera di attrice; il suo libro è consigliato sia a chi già la conosce e la ama sia a chi non la conosce, e proprio grazie alla lettura di Miniature Campianesi quelli che non la conoscono avranno la possibilità di entrare in contatto con l’universo privato di una grande protagonista della cultura italiana contemporanea.

 

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