Letteratura

Le foibe spiegate ai ragazzi

28 Gennaio 2025

Una linea di confine non basta per definire l’identità di chi

è nato in un territorio dove si mescolano popoli e culture diverse.


Mi chiamo Greta Sclaunich, tra pochi giorni compirò quarantadue anni, sono nata in Friuli Venezia Giulia in provincia di Gorizia, a Villesse. Ho studiato all’università di Trieste, quindi ho fatto l’Erasmus a Parigi dove mi sono fermata a lavorare per l’agenzia ANSA: in tutto ci sono rimasta tre anni. Dopo un ulteriore anno di lavoro in Bulgaria sono arrivata a Milano dove ho frequentato la scuola di giornalismo Walter Tobagi.

Da circa una decina di anni lavoro a Milano al Corriere della Sera.

Greta Sclaunich – photo credit Valentina Riboli

 

Da pochi giorni è in tutte le librerie il primo libro di Greta dal titolo “Le foibe spiegate ai ragazzi”, pubblicato per i tipi di PIEMME.


Perchè proprio le foibe? E’ un tema molto delicato che solo di recente è stato sdoganato ed è uscito da una sorta di nebbia mediatica che per molti decenni lo ha avvolto.

Ho scelto di parlarne proprio per questo.

E’ un tema di cui tutto sommato si conosce ancora poco ed è ancora a forte rischio di strumentalizzazione. I testimoni diretti degli eccidi e dell’esodo dalle terre giuliano-dalmate iniziano a diminuire con il passare del tempo, sempre più la memoria è affidata a figli e nipoti.

Ho voluto, sia pure in modo particolare, contribuire a fissare gli avvenimenti storici con il metodo che utilizzo ogni giorno nel mio lavoro. Un giornalista raccoglie le testimonianze, analizza i documenti, verifica le fonti e solo al termine di questo processo scrive.

Come hai strutturato il libro?

Il testo parte da una prefazione alla quale tengo molto. E’ stata scritta da Egea Haffner, un’esule di Pola che tutti noi abbiamo visto almeno una volta in fotografia. Si tratta della bambina che regge una valigetta con la scritta “esule giuliana” che negli anni è diventata l’icona della Giornata del Ricordo. La sua storia personale è veramente emblematica e merita di essere ricordata e raccontata.

Segue poi una breve guida (tematica e cronologica) che l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) ha redatto per aiutare i giovani a orientarsi nella successiva lettura delle storie che ho raccolto.

E quindi dieci storie di vita vissuta che ti riportano indietro nel tempo, storie di istriani, fiumani, dalmati: uomini e donne nati e cresciuti in una terra di confine e che durante la Seconda guerra mondiale hanno sperimentato il dramma delle foibe prima e dell’esodo poi.

Egea Haffner

E fino a qui siamo all’interno di uno schema classico di narrazione. Ma tu hai deciso di stravolgere un po’ le consuetudini scegliendo di proporre le tue storie ai più piccoli.

Si, mi sono ripromessa di scrivere prendendo come target le ragazze e i ragazzi dai dieci anni in su.

Mi sono ricordata che a scuola nei miei libri di testo dell’esodo e delle foibe non se ne parlava proprio. Al massimo si riusciva ad arrivare con il programma alla Seconda guerra mondiale ma riguardo la questione giuliano dalmata non si trovava alcun approfondimento. Oggi sono convinta che i testi siano più aggiornati, ne ho sfogliato alcuni e qualche accenno lo contengono.

In ogni caso ritengo che questa pagina della nostra storia i ragazzi debbano conoscerla e debbano conoscerla bene.

Sono storie molto dolorose, cosa hai fatto per renderle fruibili anche ai lettori più piccoli?

La sensibilità degli adolescenti non è certo uguale a quella degli adulti, è stato necessario fare molta attenzione alla forma.

Non c’è alcun dettaglio troppo crudo, le parti difficili le abbiamo molto stemperate in modo che si capisca quello che è accaduto pur senza mai scendere nei particolari. Il linguaggio è volutamente molto semplice e anche le foto sono tutte molto generiche. Il libro è proprio indirizzato ai ragazzi, mediato nella forma ma assolutamente rispettoso della storia che racconta.

Non non ho dato niente per scontato cercando di spiegare termini  e concetti che per un adulto sono consueti mentre per un ragazzino sono novità assolute. Ad esempio se parlo dell’armistizio devo anche ricordarmi di spiegare bene di cosa si tratta.

illustrazione di copertina: Chiara Fedele

Hai mai visitato di persona le foibe?    Assolutamente si, in diverse occasioni.

Come ti sei sentita, in quei luoghi non è semplice sostare. Non si riesce a rimanere impassibili.

Le ho trovate spaventose, orribili. Ho visitato sia le vere e proprie foibe sia Basovizza che in realtà era uno scavo minerario e non un pozzo carsico naturale.

A Basovizza non si vede nulla della cavità ma l’orrore si percepisce comunque. Si conosce bene quanto è accaduto, la sua triste storia è ben ricordata e la sensazione di disperazione non ti abbandona.

Sono stata anche alla Grotta Plutone, una foiba con un imbocco che cade a strapiombo, in provincia di Trieste. Si trova al fondo di una dolina, guardare quella voragine scura stordisce. Sono luoghi spaventosi come le storie che evocano.

Eppure per decenni un colpevole oblio ha coperto il ricordo di queste tremende sofferenze.

E’ stato un errore, queste vicende fanno parte della nostra storia. Gli esuli, in diversi periodi, in tutto sono stati oltre trecentocinquantamila. La loro storia è stata una storia traumatica e non parlarne sicuramente non aiuta la pacificazione storica.

Mi è capitato a volte di trovare negli esuli una certa ritrosia nel parlare di quanto accaduto nelle loro terre tanti anni fa. I loro discendenti, ad esempio il sottoscritto, ne parlano con maggiore facilità e cercano di consolidare il ricordo storico di quanto è accaduto. Ma i diretti protagonisti tendono a nascondersi con un velo di pudore.

Secondo me non si tratta di pudore. Io credo che sia meglio definibile con il termine “trauma”. E’ per il trauma che hanno subito che in tanti hanno difficoltà a ricordare pubblicamente.

Quando io ho iniziato a fare le mie ricerche per scegliere le dieci storie che poi avrei raccontato nel libro è stato fondamentale l’aiuto che mi ha dato l’ANVGD, sono stati determinanti nel contattare direttamente gli esuli.

Inizialmente avevo provato chiedere ad amici e conoscenti in Friuli  Venezia Giulia se conoscessero qualche esule che mi potesse raccontare la sua storia. Le risposte erano tutte simili: “si mio papà era un esule, mia nonna aveva il fratello infoibato, quella signora arriva da Pola o da Fiume… però sai mi dispiace, scusami, ma non vogliono parlare”.

Se non ci fosse stata l’intermediazione dell’ANVGD avrei avuto problemi a raccogliere le testimonianze. Non vogliono guardare al passato, il trauma è ancora presente.

Dovrà ancora passare del tempo prima che tutto diventi solo memoria storica.

Qualche anno fa, nel 2020, il presidente Mattarella e il presidente sloveno Pahor hanno deposto insieme una corona alla foiba di Basovizza tenendosi per mano.

Recentemente sono stati fatti dei passi avanti e speriamo che si continui a farne ancora. Questo piccolo esempio dimostra che si può andare avanti senza dimenticare ma mettendo le cose nella giusta prospettiva.

Ti senti orgogliosa del lavoro che hai fatto?

Si, sono molto soddisfatta del mio lavoro.

Questo libro mi ha molto pacificata con tutte le mie identità e mi ha permesso anche di approfondire la storia della mia terra. E non solo, anche della mia famiglia avendo io avuto un prozio esule.

NdA.  Io sono uno di coloro che nell’intervista abbiamo chiamato “i discendenti”, ovvero i figli dei giuliano-dalmati e dei fiumani che vissero in prima persona la tragedia delle foibe e dell’esodo. Ogni qualvolta appare sul mercato una pubblicazione sul tema la leggo con grande interesse e, lo ammetto, con uno spirito critico forse superiore al normale.

I racconti di famiglia (oltre alla diretta conoscenza dei luoghi) sono metabolizzati in profondità e mi aiutano a filtrare le pubblicazioni genuine da quelle che principalmente “puntano a vendere”.

Greta ha fatto un ottimo lavoro, grazie anche all’aiuto dell’ANVGD. Il suo lavoro è preciso, circostanziato, garbato. Non nasconde nulla ma racconta con quel tocco di semplicità e leggerezza che può permettere la lettura anche a un adolescente.

Complimenti all’autrice.

 

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