Letteratura
L’Anima della frontiera di Matteo Righetto. Quando il nordest diventa il west
“Ci sono paesi che sanno di sventura. Si riconoscono respirando la loro aria torbida, magra e vinta come tutto ciò che è fallito.”
Inizia così, con questo incipit che è una promessa, l’ultimo libro di Matteo Righetto – “L’anima della frontiera” – uscito a giugno 2017 per i tipi di Mondadori. E, siccome la promessa dell’incipit è mantenuta in pieno, parto dicendo che questo è un libro da leggere senza indugi.
Racchiuderlo nel recinto del “racconto” western è, a mio avviso, un errore. Perché questo romanzo è, per così dire, transgender: è romanzo di formazione, è narrazione storico/identitaria con elementi pregni di dimensione “politica”, è letteratura di montagna, è hardboiled in salsa nostrana ed è – alla fine – anche molto western. È, insomma, letteratura a molti strati; ossia, Letteratura: punto.
La storia è quella della famiglia De Boer di Nevada, alta val di Brenta; famiglia poverissima dedita a coltivare il pregiato tabacco Nostrano del Brenta per il Regno, avido monopolista. Tra i personaggi della famiglia spiccano subito Augusto, il padre, e la Jole, figlia primogenita e indiscussa protagonista del romanzo. Augusto per sfamare moglie e tre figli affianca al duro lavoro della terra quello del contrabbando, valicando il confine – la frontiera reale tra Italia e Austria – per barattare tabacco in cambio di rame e argento.
Vinta l’eta dell’infanzia e addomesticata la fanciullezza diviene tempo anche per Jole di conoscere i sentieri tra i boschi, le pendici erte dei monti, gli ululati degli animali, le insidie delle guardie e “l’anima leggendaria della frontiera”, ossia “uno spirito antico, vecchio almeno quanto questa montagna, uno spirito che soffia forte e che di secolo in secolo si sposta seguendo le frontiere degli uomini“. Diviene tempo di diventare, anche lei, una contrabbandiera.
E questa iniziazione sarà provvidenziale quando, per ragioni ignote, Augusto non tornerà più da uno dei suoi viaggi. Così Jole, munita di coraggio, di un fucile Werndl-Holub chiamato “San Paolo” (la famiglia De Boer è molto devota!) e di un cavallo Haflinger parte per il suo solitario viaggio da contrabbandiera. Che sarà il viaggio in cui Jole perderà l’innocenza, conoscerà la ruvidezza della vita e ritroverà una parte di sè. Sulla trama non aggiungo altro, poiché lascio alla lettura il disvelamento di questa affascinante avventura.
Mi permetto, da lettore critico senza alcuna velleità (e strumento) di critico letterario, alcune considerazioni su questo ottimo libro.
“L’Anima della Frontiera” mi pare sia una perfetta sintesi della composita formazione di Righetto che non è solo uno scrittore di razza ma anche un appassionato divulgatore di letteratura (e non solo nella sua professione di docente). Righetto è stato – insieme a Matteo Strukul, Giacomo Brunoro e Andrea Andreetta – tra i fondatori di Sugarpulp e l’estensore del fantastico decalogo di questa associazione. In questo libro c’è quel decalogo e c’è la perfetta fusione del percorso narrativo iniziato con “Bacchiglione Blues” e “Savana Padana” e continuato con i più recenti “La Pelle dell’Orso” e “Apri gli Occhi”. Il risultato è, per l’appunto, un romanzo estremamente originale rispetto alla scena letteraria italiana, che passa dalla delicatezza di una narrativa naturalistico-sentimentale, alla rude e sporca realtà dell’hardboiled.
Questi tratti fanno odere echi, quando lo si legge, della più limpida letteratura americana (tra l’altro la scelta di ambientarlo tra Nevada e Laredo, mi è parsa una mossa di un’astuzia geniale); ma “L’Anima della Frontiera” è un romanzo profondamente italiano – se non padano – perché narra di una storia di miseria e contrabbando probabilmente ignota ai più, che fa riflettere su cosa eravamo poco più di cento anni fa: poveri in canna che rischiavano la vita per un po’ di dignità in più.
Oltre a ciò questo libro è un’ode alla libertà e alla ribellione contro un ordine costituito avido e oppressivo; la Jole, di questa tensione ne è simbolo, divenendo la fragile e determinata eroina del romanzo, che incarna la rivalsa degli oppressi contro gli oppressori, perchè ha la forza di oltrepassare le vere frontiere.
Che sono “quelle tra prepotenti e poveri cristi, tra chi si sollazza di cibo e potere e chi invece patisce la fame e deve spaccarsi la schiena per un pugno di polenta.”
Infine – e mi pare si possa dire che questa sia la cifra stilistica di Matteo Righetto – la scrittura è tanto ricercata, quanto asciutta e diretta. Non ci sono concessioni a noiose e narcisistiche digressioni – come spesso accade in certa letteratura italiana contemporanea – ma si percepisce una sorta di calibrata esattezza che punta dritta, senza fronzoli, al midollo della storia; rendendola così rapida, puntuale e travolgente.
Un libro che consiglio caldamente, perché non è solo bello e avvincente ma è – soprattutto – fuori dal coro. E in un tempo in cui sulle frontiere si eccitano gli animi, ci insegna che la frontiera – vera o immaginaria – ha un’anima. Che ci soffia addosso.
Titolo: L’anima della frontiera
Autore: Matteo Righetto
Editore: Mondadori
Pagine: 192
Prezzo: 8,99 (ebook) – 15,30 (cartaceo)
Data di pubblicazione: 13 Giugno 2017
@Alemagion
www.facebook.com/alessandro.maggioni.792
Devi fare login per commentare
Accedi