Letteratura

L’amore indiscriminato per esseri umani ed animali di Alberto Asor Rosa

28 Dicembre 2022
Una forma di convivenza piena ed indimenticabile narrata in modo sopraffino dal grandissimo italianista scomparso pochi giorni fa, racchiusa tra le pagine di “Storie di animali e altri viventi” edito da Einaudi

 

 

A pochi giorni dalla scomparsa di uno dei più grandi critici letterari contemporanei, il professore Alberto Asor Rosa, morto a Roma all’età di 89 anni, risulta naturale celebrare l’umanità profonda ritratta nelle sue opere, soprattutto quelle condite autobiograficamente, come “Storie di animali e altri viventi” pubblicato per Einaudi nel 2005. In 174 pagine, l’autore conferisce alle parole la potenza chiarificatrice delle immagini, che lasciano fluire un campionario denso di emozioni, specchio dell’anima. Narrazioni di esperienze vissute in una normalità disarmante si identificano con le vicende di ognuno di noi. O, quantomeno, con quelle di chi si ritrova o decide di condividere pezzi di strada sulla Terra, in compagnia non solo dei suoi simili, ma anche di esseri magici, quali sono gli animali.

Asor Rosa ci consente di entrare in una bolla di sapone fatta di vita reale, di spazi domestici divisi e condivisi tra un gatto, un cane e due umani, più tutti. Una armonia di voci che vestono il quotidiano di colore e cuore che pulsa. Piccoli puntini nell’infinito, in un ciclo universale che si ripete senza sosta dalla nascita alla morte.

L’Io narrante, in queste pagine è lasciato proprio a loro, i protagonisti a quattro zampe: Micio Nero ( il gatto) e Contessa, la cana, come ama apostrofarla lo scrittore. Nel suo amarcord, il felino, ripercorre gli albori della sua vita, dalla nascita sotto un camper in via Nomentana in quel di Roma, fino all’incontro con la piccola Angelica e del padre, diventato poi Pa, compagno del Gatto Nero.

Un rapporto simbiotico che si forgerà ogni giorno tra il Micio e Pa, nel quale si insinuerà una donna e un cane femmina, che completeranno il cerchio magico casalingo, dopo diffidenze e scontri iniziali, creando, inevitabilmente, un legame eterno.

Asor Rosa, permette a Micio, di scrutarlo nei suoi esperimenti di scrittura alla scrivania, e con accondiscendenza si lascia definire come”… sempre più vanitoso, approssimativo, distratto, egoista, puerile, talvolta bamboccio, eccezionale cercatore e procuratore di guai a sé e agli altri“. Micio Nero, incarna alla perfezione la saggezza, l’imperturbabilità e l’eleganza che solo i gatti sanno possedere durante la loro esistenza, reggendo qualsivoglia confronto, anche il più regale. Ragioni queste, che destano fastidio e acredine in un filosofo con odio radicato per i gatti, di nome Mario, amico di Pa e che si reca spesse volte a casa per dissertazioni accese. La tipizzazione del gatto, parafrasa il bisogno dell’uomo di essere letto e scandagliato nelle sue contraddizioni, limiti, debolezze, da un essere dotato di mistero, astuzia e capacità di prevedere eventi e prenderne le distanze. La descrizione di Contessa e delle sue vicende, invece, ricalca il calore ed il clamore oltre che la dedizione infinita di cui un cane dispone esclusivamente. Virtù preziose che elargisce ad i suoi umani in modo disinteressato, puro e gratuito. Ad un certo punto del racconto, l’autore tiene a precisare come tutti gli accadimenti narrati, siano frutto di realtà.

Micio Nero e Contessa, narrano e vivono, anzi rivivono tra le pieghe del romanzo, esternando la loro fragilità, le loro paure e le lotte quotidiane per stare al mondo, attraversati pure delle sue brutture e dai suoi dolori. Così, dinanzi alla morte di Micio, dopo una eutanasia liberatoria per sofferenze ormai insostenibili, Pa piangerà disperato con lo stesso strazio provato per la perdita di suoi genitori, riscoprendosi vulnerabile e pieno d’amore, un amore nutrito per una parte di sè stesso, quale era diventato il piccolo felino di casa. Mentre Contessa, continuerà il suo tempo con la sua famiglia umana, insieme ad uno dei suoi cuccioli nati e cresciuti sempre da Pa e Ma. Ma, Micio Nero, non smetterà di esistere, rimanendo vivo nel ricordo e descrivendo con impareggiabile acume filosofico il suo ingresso in una dimensione ultraterrena, dove riabbraccerà la libertà estrema, lontana dal dolore. Un tempo dunque, circolare, dove nascere, vivere e morire, rappresentano tappe ineludibili e dotate di un fascino ed una importanza rivoluzionaria nella loro essenza. Un intreccio di situazioni, in cui si fa largo una forma di comunicazione liquida ed istintiva come la telepatia che si regge su vallate di meditazione, dove il genio letterario e linguistico di un insigne accademico e pensatore libero, zampilla fiero e nutriente, riuscendo a raggiungere e colmare anche i vuoti affettivi del lettore. Avendo cura delle parentesi fanciullesche, che rievocano la dimensione autorale bambina, rimasta intatta, pur trattandosi di scrittura frutto di maturità personale e professionale.

Insomma, un concentrato di sentimenti veri, non filtrati, scambiati tra l’umano e l’animale, di cui anche l’uomo è composto, e da cui non può prescindere. Una tenerezza fotografata pur nella crudezza degli eventi, un conforto spirituale perfetto nella sua discrezione, terapeutico perché non scandito da alcun contratto. Un modo di amare, luminoso, immediato e generoso che non conosce rancore ma vive e sopravvive di perdono, anche delle offese più brucianti inferte immeritatamente. Chi ha avuto il privilegio enorme di vivere con un animale al proprio fianco, può dire di aver conosciuto la libertà ed il calore dell’Amore vero, oltre il tempo. Una sorta di protezione dalla cattiveria insensata dell’umanità.

 

Alberto Asor Rosa, è stato uno storico della letteratura e saggista italiano. Professore di letteratura italiana all’università di Roma ‘La Sapienza‘ e deputato del PCI. Lungo la sua attività ha avuto modo di studiare soprattutto i rapporti fra letteratura e ideologie politiche, giungendo ad un’idea della critica letteraria profondamente rispettosa dell’individualità dell’opera. Ha diretto la Letteratura italiana Einaudi dal 1982 al 1991.

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