Letteratura
L’amore impossibile tra Kafka e Milena
Un amore impossibile, ma il più rifulgente della letteratura europea: gli amanti si scrivono tantissime lettere, ma si sono visti per appena quattro giorni .
E la loro relazione è solo testimoniata da questa inquieta e struggente corrispondenza: si sono solo sfiorati, mai baciati, né toccati.
Lui è Kafka, lei è Milena, più giovane di dodici anni e traduttrice dei racconti dello scrittore praghese.
Nessun’altra donna nella vita di Kafka riuscì a scandagliare così in profondità l’animo di un uomo votato all’ascesi, alla ricerca pura dell’assoluto.
Le Lettere a Milena sono la cronistoria di una relazione complessa, profonda e già destinata a finire ancora prima di iniziare, come ha detto Ferruccio Masini.
Kafka, grazie a Milena, rimuove la sua terribile angoscia.
Con la sua gioventù e freschezza si sente “guidato per fare passi su questa terra piena di tagliole”.
È immerso in un flusso incontenibile e straripante.
Milena è come “il mare che ama un sassolino sul suo fondo: proprio così il suo amore inonda”.
È miracolosamente conciliato col mondo intero e vive nella certezza continua della presenza di lei, «abbagliato» com’è dalle sue lettere.
“Mi viene in mente – le scrive dandole del Lei – e non riesco a ricordare nessun preciso particolare del Suo viso. Vedo ancora soltanto come Lei si allontanò poi tra i tavolini del caffè, la Sua figura, il Suo abito”.
Poi passa al tu.
“Milena, tu non sei per me una signora, sei una fanciulla: non oserò porgerti la mano sudicia, convulsa, unghiuta, incerta, tremula, cocente e fredda.
Non so scrivere niente, mi aggiro soltanto fra le righe, alla luce dei tuoi occhi, al respiro delle tue labbra, come in una bella giornata felice”.
Kafka non vedrà mai più Milena, che ha 24 anni ed è sposata con Ernest Pollak. Il loro ultimo incontro risale al giugno del 1923.
“Tu stai ritta accanto a un albero, giovane, bella, il lampo dei Tuoi occhi abbatte il dolore del mondo.
Tu hai lo sguardo penetrante, la forza di guardare più avanti : e tu sola lo sai fare.
Tu appartieni a me, anche se non dovessi vederti mai più.
Vengo e vado, ti poso la mano sulla fronte, affondo nei tuoi occhi quando ti guardo e con un orgoglio, non più domabile, so che vivo per te.
Vorrei soltanto afferrare in qualche modo i lamenti, non quelli a parole, ma quelli taciti, che emanano dalle tue lettere e posso farlo, perché in fondo sono i miei.
La donna che amo è una colonna di fuoco che passa sopra la terra. Ora mi tiene racchiuso. Ma non i racchiusi essa conduce, bensì i veggenti.
Se tu fossi qui (e con ciò non intendo soltanto la vicinanza fisica), io potrei con un respiro di sollievo posare il mio viso nel tuo grembo.
Ieri ho sognato di te. Non ricordo quasi più i singoli fatti, so soltanto che di continuo ci trasformavamo l’uno nell’altro, io ero tu, tu eri io.
Mandami beninteso il foglietto dei desideri, quanto più lungo tanto meglio, in ogni libro, in ogni oggetto che tu voglia io m’insinuo.
Tutto il tempo e mille volte più di tutto il tempo che esiste mi occorre per te, per pensare a te, per respirare in te.
il tuo viso è nascosto dai capelli, io riesco a dividerli e a respingerli a destra e a sinistra, il tuo volto mi appare, ti accarezzo la fronte e le tempie e tengo il tuo viso fra le mani”.
Senza mai essersi conosciute profondamente (solo lettere) le due anime si accesero: la divisione le teneva unite più della vicinanza.
Non era necessario il gesto dei corpi, bastava l’impulso incontaminato del desiderio, come se la distanza potesse cancellare il limite della persona, ha scritto Citati.
Kafka sapeva che Milena fosse sposata e rispettava il suo matrimonio, senza neppure esserne geloso.
Milena diventa per Kafka solo poesia pura, musa ispiratrice della ricerca di una solitudine per scrivere.
Hanno timore entrambi di toccarsi veramente: Kafka arriva sino alla soglia dell’amore e quando sta per aprire la porta, torna indietro, come scrive Magris, ben sapendo che questa è la vera colpa, che getta la sua ombra sulla sua vita.
Milena non vedrà più Kafka, lo porterà nel cuore, sino alla sua morte avvenuta in un campo di concentramento nazista.
Ma almeno gli fece respirare ( solo respirare) l’amore.
Con tutta la sua irreversibile ed irriducibile angoscia.
(lettere a Milena rielaborate da Biagio Riccio. Il dipinto è del Maestro Biagio Cerbone)
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