Letteratura
L’America di John Steinbeck nella Valle dell’Eden
Se devo citare uno degli autori che più mi sono piaciuti negli ultimi tempi non posso fare altro che ricordare John Steinbeck. Avevo letto alcuni suoi romanzi all’età del liceo e mi erano piaciuti, soprattutto da un punto di vista narrativo. Ora che sono più grande ho imparato a rileggerli gustandomi piano piano tutte le immagini e le parole che il grande autore americano è riuscito ad imprimere nelle sue storie, ricche di personaggi e di riflessioni.
Il New York Times Book Review ha definito La Valle Dell’Eden come il miglior romanzo di Steinbeck. Io ritenevo fosse impossibile fare meglio di Furore e anche di un minuto Uomini e Topi, breve ma di una potenza abbacinante. Una cosa è certa, se vogliamo capire l’America delle grandi migrazioni, della povertà e dei pionieri non possiamo non leggere Steinbeck. La sua è una solida conoscenza dell’epica moderna americana e nella Valle Dell’Eden raggiunge uno dei picchi massimi del dramma e della storia di due famiglie: gli Hamilton e i Trask.
Quando stiamo per iniziare a leggere un romanzo del genere dobbiamo essere sicuri di poterci prendere del tempo per poter affrontare una storia che vede più o meno indirettamente coinvolte decine di personaggi che costituiscono, alla fine, un unico grande disegno la cui portata avrà un epilogo, certo, ma il cui premio sarà lo stesso viaggio narrativo, indimenticabile.
Siamo ancora nel 1800 quando Adam e Charles hanno a che fare con il loro padre Cyrus, un uomo tutto d’un pezzo, rigido e inflessibile quanto a tenacia e dignità militare. Adam è il primo figlio, avuto da una prima moglie, ed è anche il più fragile, meno coriaceo del fratello e più amato dal padre che vorrebbe per lui una solida carriera all’interno dell’esercito, per tenere alto l’onore dei Trask.
Samuel Hamilton e sua moglie Liza sono invece immigrati di origine irlandese, hanno come possedimento una terra infruttuosa nella valle di Salinas, in California, dove tutta la famiglia, composta da 9 figli, si dà da fare per sopravvivere. La loro è una storia umile, fatta di fatica e poche soddisfazioni, sostenuta da una grande fede in Dio e nella coesione dei legami familiari.
Adam Trask abbandona la vita militare dopo aver partecipato a battaglie contro i nativi americani, scopre che il padre è morto e che ha lasciato sia a lui che al fratello un bel po’ di soldi, tanti da potergli garantire una vita agiata all’ovest, in California. Si traferisce lì con la sua sposa Cathy – che ha una storia intricatissima e molto pericolosa -, e acquista il miglior ranch della valle. È qui che incontra Samuel Hamilton, famoso per essere un rabdomante e un inventore in grado da tirare fuori l’acqua anche dalle terre più aride, tranne che dalla propria, ovviamente. La valle di Salinas, nelle intenzioni di Adam, sarebbe ben presto diventata un vero e proprio Eden, sua moglie incinta avrebbe presto dato vita al primo arrivato della sua nuova famiglia e i soldi di certo non sarebbero mancati. Cathy però è una moglie dal passato burrascoso e quando partorisce decide di fuggire, tenendo fede alla propria natura “maligna” e poco incline alla tranquilla vita domestica.
Adam, caduto in una profonda depressione, non riesce nemmeno a dare un nome ai due gemelli nati a sorpresa da un parto molto travagliato. Ad aiutarlo ci saranno il cuoco Lee, di origine cinese, e Samuel Hamilton che si affronteranno in lunghi dialoghi per stabilire, concordemente, che i nomi per i due figli di Trask saranno Caleb e Aron.
Ha inizio così la nuova generazione dei Trask, mentre gli Hamilton crescono e cominciano a lavorare e spostarsi in varie parti del paese, chi trovando fortuna e chi meno. Adam, rinsavito dopo l’abbandono della moglie, si comporta come un padre premuroso nei confronti dei due figli che, crescendo, iniziano ad avere inclinazioni differenti rappresentando un rinnovamento ma anche una sorta di specchio per l’esperienza giovanile di Adam. Sarà questa l’assonanza che perdurerà nella seconda parte del romanzo, Caino e Abele, due fratelli e un destino turbolento, fatto di eventi aspri, complessi e dolorosi ma di crescita. Su di loro, nella città di Salinas, il fantasma di una madre “cattiva” che si accorgerà in ritardo di avere dei figli e rimarrà coerente con il proprio istinto da animale selvaggio fino alla fine.
La figura più interessante però è quella di Lee, un fedelissimo e silenzioso osservatore che rimarrà accanto ad Adam Trask, diventando per lui uno di famiglia, un consigliere, un educatore per i figli e soprattutto un amico. Sono i dialoghi affidati a Lee quelli con cui Steinbeck parla più diffusamente del tema immigrazione, Lee è uno studioso ma è anche una persona molto pratica, sarà un secondo padre per Caleb e Aron, quando la fragilità di Adam sembra condannarlo all’impotenza di fronte alla realtà dei fatti.
E poi c’è il bellissimo personaggio di Abra, che rappresenta l’opposto femminile di Cathy, bellissima, sicura di sé, sicura dei suoi sentimenti e impavida ma mai aggressiva, Abra entrerà nella vita dei Trask e avrà un ruolo importante per la storia dei due fratelli, diventando, assieme a Lee, un pezzo insostituibile della famiglia allargata che ha trovato dimora nella propria Valle Dell’Eden.
Se vi preparate a leggere questo romanzo, dovete essere pronti a rimanere catturati da una trama che si porta avanti per decenni sino al periodo successivo alla prima guerra mondiale. Immaginate di avere a che fare con qualcosa di molto più grande di una storia, John Steinbeck, che entra anche nel romanzo come autore fittizio e discendente degli Hamilton, ha riversato in quasi 800 pagine tutta la sua esperienza di narratore. Certo, ci sono alcuni capitoli meno funzionali alla storia, che qualche editor oggi cancellerebbe, ma si può davvero porre un limite al grande romanzo americano per antonomasia?
(L’immagine di copertina e quella sopra sono tratte dal film di Elia Kazan, 1955, in cui esordì un giovane James Dean nella parte di Cal Trask)
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