Letteratura
L’abbandono
Lui ha passato da un pezzo gli ottant’anni. Una mia vicina di casa lo definisce un tipo bizzarro.
Lo vedo sempre in compagnia di un grosso cane bianco.
Si mette a sedere su una panchina in Campo Santa Margherita e sta lì per ore.
Non legge il giornale, non smanetta con il cellulare. Si limita a guardare la gente che passa, mentre il cane rimane, lì ai suoi piedi, tranquillissimo.
Io ed un amico ci fermiamo vicino alla panchina.
Quel signore è lì come al solito, con il suo cagnone.
Fa piuttosto freddo. Sto cercando di trascinare il mio amico in un caffè.
Lui, però, sta ancora finendo una sigaretta.
Quando l’ha finita, riceve una telefonata, quindi rimango accanto a lui, sperando che faccia presto.
L’uomo della panchina, nel frattempo, si alza all’improvviso e parte di scatto. Da solo.
La povera bestia, vedendo il padrone allontanarsi, vorrebbe rincorrerlo, ma non può perchè è legata con il guinzaglio alla panchina. Abbaia disperatamente.
Non so che fare.
D’istinto, mentre il mio amico continua la sua telefonata, mi metto a sedere sulla panchina e consolo il cane come posso accarezzandogli il testone lanoso. Sembra calmarsi.
Dopo 10 minuti il padrone del cane ritorna.
Il mio amico, che ha finito in quel momento la telefonata, lo apostrofa in veneziano: “No se abandona i cani”
Il vecchio lo guarda sorpreso (non ha capito se il mio amico scherza) poi risponde, giustificandosi: “Io veramente avevo solo fatto un salto in farmacia”.
Il cagnone agita la coda.
Felice.
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