Letteratura
La storia era questa
La storia era questa. Era agosto. Era Grecia. Era casa. Tu, zia, ancora non avevi iniziato a scopare per mantenere me e mio fratello. Era agosto-era Grecia-era casa. Era spiaggia.
– Non è troppo buio?
– Troppo buio per cosa?
– Troppo buio in generale.
– Dipende da cosa hai intenzione di fare.
– Ma io non lo so.
Intanto il mare spingeva e accorciava la spiaggia. Faceva freddo. Non vedevo niente e temevo che avrei finito col farla sdraiare proprio sopra a una delle tante siringhe. Aveva 19 anni. Io ne avevo 13. Ci avevo provato come avevo visto fare agli amici più grandi e, ahimè, aveva funzionato. Non ero eccitato; forse ero – piuttosto – agitato. Avevo già baciato, ovviamente, avevo già baciato un’amica – e pure un amico – ma non avevo assolutamente idea di cosa dovessi fare con quella ragazza di 19 anni che aveva lasciato il suo fidanzato in una casa in affitto.
Era vestita di nero. Mi parlava con fare deciso. A un certo punto mi chiesi se quella turista mi avesse realmente sentito, quando le avevo detto quanti anni io avessi. Alla fine ci sdraiammo. Mi ossessionava la frase sentita dire a uno degli amici più grandi: “siamo qui in tanti e ‘sta scema ha scelto il bambino”. Aveva dei capezzoli grossi e duri, che nella mia bocca diventarono ancora più grandi. Ero così concentrato su quello che facevo, che mi dimenticai – ancora – che avrei dovuto eccitarmi. Ero totalmente rapito dalla mia prestazione e dai sospiri di lei. La baciavo oppure le mordevo forte la schiena, ma dentro di me non si muoveva un bel niente. Non ero io. O, meglio, ero io che cercavo di non deludere lei, ma senza nemmeno intuire che cosa volesse davvero. Mentre ci pensavo, mentre mi chiedevo cosa si aspettasse di fare – in una spiaggia non ancora deserta – una ragazza di 19 anni e impegnata, le infilavo le dita fredde sotto il bottone dei jeans, per farlo scattare. Aveva ancora il costume. Era liscio. Infilai le dita sotto al costume senza trovarvi dei peli. Era tutto nuovo, per me, e senza emozioni. Curiosavo nella sua figa e intuivo i suoi occhi chiusi, il suo mento sollevato, la pelle bianca e un po’ fredda. Le mordevo il collo e le labbra. Non parlava, però sospirava. A un certo punto passò una coppia di adulti. Ci scavalcarono. Intanto il mare si avvicinava. La spiaggia scompariva. Scompariva tutto, in realtà. Scomparivano le stelle, la sabbia, persino i rifiuti. Ero scomparso anche io. Soltanto lei rimaneva. C’era lì solo lei: bella e senza nome, bella e senza pietà. Lei che dolce non era. Lei che parlava in modo freddo, brusco, alla fine un po’ triste. Non mi toccava, però mi chiedeva di farlo per lei. A un certo punto tremò. Poi si alzò. ‘Riportami sul lungomare’, mi disse. Obbedii. Non ricordo se mi salutò con un ciao.
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