Letteratura
La spilla
Le due donne hanno entrambe la mascherina e i guanti.
Quando si incontrano, in coda dal panettiere di piazza Bausan, si salutano festosamente, sforzandosi di mantenere le distanze di sicurezza.
Capisco solo a tratti quello che dicono, parlano fitto fitto in milanese
Alla fine però afferro uno dei temi della conversazione: una delle due ha appena perso il compagno di una vita.
L’amica si stupisce: “Non sapevo che avessi perso il marito, mi dispiace…”
“Non eravamo sposati”, precisa l’altra che, tornando al milanese, aggiunge: “Cent’an de murùs, gnanca un dé de spus!“(cento anni da morosi neanche un giorno da sposi).
Subito dopo, cambiando argomento, indica una spilla che ha appuntata sulla giacca: “Ti piace?”
“‘Fantastica! E che bella pietra che ha!”
La “vedova” sorride per il complimento, poi racconta che ha ereditato quella spilla da una vecchia zia e spiega cosa vorrebbe fare di quella pietra: “È così bella che vorrei farla incastonare in un anello!”
Si infervora e continua a ripetere il termine “cabochon”.
L’amica la guarda, sorride, poi sbotta: “Che pensieri che hai !”
L’altra rimane un po’ interdetta, poi risponde: “Semper mèi de pensaa’ ai disgrassi!”
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