Letteratura
La solitudine del grillo (Pamphlet sul vuoto funzionale del M5S) -parte seconda-
A ragion veduta, le critiche al sistema politico italiano mosse dal comico, al di là di una esposizione piccante e, talvolta, pittoresca, avevano una dignità razionale ed erano funzionali a un ragionamento sano, lineare, intriso di una giustezza di fondo non indifferente. Ma, più delle parole e del costrutto grillino, che andava sviluppato e ristrutturato con un lessico consono, è stato preso come modello di lotta l’atteggiamento irruento e scomposto che accompagnava il suo dire. Questo, ha finito per standardizzare non solo la postura relazionale dell’intero elettorato pentastellato, permanentemente bellicosa e snervante, ma, quel che è peggio, ne ha condizionato il linguaggio politico, stabilendo per tutti un frasario uniformante e omogeneo. Non c’era un elettore, o un’elettrice (penso che, ora, si siano calmati) che non scimmiottasse il verbo adottato dall’apice, replicandone finanche la mimica. I cinquestelle erano riconoscibili da una tonalità mantenuta costantemente alta e altezzosa, una gestualità atta a rinforzare la veemenza del lessico, una superficialità che non consentiva loro alcun esercizio di autocritica.
Alla base del loro status di “cittadini” e “cittadine”, dunque, stava, e non credo ci sia ancora, un rituale comportamentale che ne caratterizzava l’identità: roba per etologi e antropologi. Poiché io non sono l’uno, né l’altro, ma solo un modesto artigiano di parole, non entro nell’argomento e mi fermo alla soglia, memore di un ammonimento latino: Sutor ne ultra crepidam! (Ciabattino, non andare oltre la suola!) Proseguo, pertanto, ritornando all’idea di base che mi ha indotto ad avventurarmi in questa fatica e alla persona di cui mi appresto a rivelare l’impensabile, pur senza averla mai incontrata.
Difatti, io non conosco Beppe Grillo, anche se, diversi anni fa, ho assistito a qualche suo spettacolo. Non so quanti anni abbia e non mi interessa saperlo, come non mi preme documentarmi sulla sua carriera e venirne a capo. Non voglio sapere niente di lui che sia vero. Sono, esclusivamente e semplicemente interessato a scrivere della sua persona con il massimo impegno, intento a inventarmi cose e risvolti che possano apparire verosimili, che diano, cioè, l’idea di una possibile verità a lui non del tutto estranea. Una sorta di gioco dialettico, dove rinunciare agli estetismi significherebbe uscire fuori dalla sfera ludica e leggiadra. Si aggiunga che, nell’esercitazione, sono spronato da una parte inesplorata della mia fantasia, che mi porta ad attribuire al signor Grillo una sensibilità con sfaccettature rare. In pratica, sto per scrivere un mucchio di benevoli “falsità” sul nostro comico, che potrebbero rivelarsi terribilmente vere e fondate.
Che strana situazione quella in cui mi trovo! Solitamente, quando si scrivono “non verità” sulle persone è perché si vuole dipingerle in malo modo. Qui, invece, mi accingo a presentare, sotto la migliore luce, un personaggio molto discusso, che, all’occorrenza, io non trovo pregiudizievolmente “discutibile”. In altre parole, lo stesso Grillo non potrebbe accusarmi di aver scritto delle falsità sulla sua personalità, se queste, come è vero, tendono a conferirle un valore. Non si è mai visto uno che si inalbera perché oggetto di una apertissima e ben disposta attenzione!
(continua)
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