Letteratura
La scuola muta solo appassionando
“Imparare significa, infatti, come Platone ha insegnato, ricordare”
Nell’introduzione a “L’Ora di Lezione”, Recalcati parla di giovani che non sono interessati alla scuola, son violenti, viziati da genitori che li proteggono. E della categoria dei professori depressa e depressa, spesso ignorata. In effetti nella società liquida dove ogni figura non è mai per sempre ma passa come un fiume che segue la sua corrente, è difficile essere un punto di riferimento. La figura del padre evapora, il ruolo sociale non più di pater familias lo equipara a quella della madre, evapora anche la figura del professore. Per il ruolo debilitato sia a livello sociale, derivante forse dallo scarso peso economico, sia a causa della messa in discussione di autorità date – e sicuramente le contestazioni giovanili risalenti al pugnace sessantotto hanno fatto da apripista- padri e insegnanti sono figure la cui autorità non è più data, non sono più un fatto scontato. Più che di autorità è necessario l’autorevolezza che non è accordata a prescindere in base al ruolo incarnato, ma è una conquista che necessita della messa in discussione quotidiana. Si è autorevoli se si è credibili, affidabili.
Entrare in classe è sempre una sfida quotidiana, è necessario stabilire un rapporto di fiducia, quasi di complicità, oserei dire. Un alunno deve percepire che l’insegnante non è il giudice che non vede l’ora di poterlo catalogare, è colui che appassiona alla disciplina, rende curiosi, non li annoia. Il calo di attenzione dopo uno spiegazione che dura un’ora è più che normale. Il metodo della ricerca personale, del lavoro di gruppo, dopo avergli dato una pista di lavoro, rende il lavoro più accattivante e motivante.
Oggi non c’è rispetto per la tradizione, abbattuti gli spazi che ponevano distanze formali, come ad esempio la pedana, il rapporto va rimodulato, non dato per scontato. Niente più ci difende, la democrazia scolastica ci ha reso più esposti e più attaccabili, ma proprio per questo più veri.
Chi pensa di fare l’insegnante perché avere un posto fisso è un modo comodo di aggiustarsi la vita, perché è un lavoro che rinomatamente lascia, secondo l’immaginario collettivo, molto tempo libero, pensa all’insegnamento di vecchio stampo, quando, aperto il libro, c’era tutto quello che era necessario sapere.
In un mondo globale e interconnesso il sapere invecchia presto, l’attualità, disciplina non codificata, ma che attraverso l’insegnamento dell’educazione civica entra trasversalmente e di diritto in tutte le discipline, pone questioni sempre nuove su cui dibattere e riflettere.
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