Geopolitica

La Russia di Putin di Anna Politkovskaja

21 Agosto 2024

Recensione a “La Russia di Putin” di Anna Politkovskaja, traduzione di Claudia Zonghetti, Adelphi, Milano, 2022, pp. 384, 14 euro (edizione cartacea), 7,99 euro (e-book).

 

Anna Politkovskaja

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, è tornato di moda il saggio “La Russia di Putin”, della giornalista Anna Politkovskaja. Adelphi ha infatti prontamente ristampato questo libro del 2004 in formato tascabile, che è risultato tra i più venduti nel 2022.

Anna Politkovskaja non ha bisogno di presentazioni, visto che si tratta di una delle più importanti oppositrici di Vladimir Putin, assassinata sulle scale di casa il 7 ottobre 2006, giorno del compleanno del presidente russo. La giornalista è oggi nota al pubblico internazionale grazie ai suoi taglienti e dettagliati reportage sulla guerra Cecena, apparsi sulla rivista “Novaja Gazeta”.

Il volume “La Russia di Putin” è un saggio ad uso e consumo di noi occidentali, che all’epoca eravamo fin troppo affascinati dalla figura del presidente russo. Putin sembrava infatti aver stabilizzato la Russia e ricevette tanti complimenti dai nostri leader, in primis Silvio Berlusconi. Chiaramente, la giornalista mal sopportava quelle riverenze e scelse di descrivere il prezzo pagato dai cittadini russi per questa stabilizzazione.

L’autrice denuncia quindi il cinismo e la corruzione della classe dirigente, raccontando due pilastri essenziali: l’esercito e la giustizia. In particolare, la condizione dell’esercito russo appare disperata, come un luogo dove le vessazioni fanno più danni dei combattimenti.

 

L’Esercito

La giornalista descrive un ambiente dove la vita dei soldati non vale niente. Racconta di un soldato che lavorava come cuoco alla mensa, ucciso da un’infezione alla pelle senza ricevere alcuna assistenza medica. Un altro è invece deceduto per essere stato spedito come schiavo a costruire la casa di un facoltoso signore moscovita.

E poi c’è la Cecenia, dove si svolse una guerra complicata e interminabile tra l’esercito russo e la regione separatista. Politkovskaja testimonia le atrocità commesse dagli ufficiali nei confronti della popolazione civile e degli stessi sottoposti. Il libro si concentra a lungo sull’omicidio di Ėl’za Kungaeva da parte del colonnello Jurij Budanov.

Una notte, il colonnello russo Budanov entrò nella casa della famiglia cecena Kungaeva, rapì la figlia maggiore Ėl’za, probabilmente la violentò, per poi ucciderla a mani nude. Una storia straziante che impressiona sin da quando Budanov fornisce una prima versione dell’omicidio, nella quale non sembra neanche preoccuparsi di giustificare il suo crimine.

Cambierà versione  solo quando i suoi superiori gli chiederanno di giustificarsi, inventandosi la storia di una soffiata che indicava Ėl’za Kungaeva come una cecchina che aveva ucciso tanti suoi commilitoni. Inizialmente, Budanov non aveva pensato alla gravità delle sue azioni, che considerava naturali in quel contesto. Politkovskaja descrive splendidamente la reazione del potere di Mosca, per il quale Budanov avrebbe difeso la patria e non abusato di una ragazzina indifesa.

 

La Giustizia

Budanov ha infine avuto la sua condanna, grazie a una serie di coincidenze e di attestazioni di coraggio da parte dei singoli. Ma, la giornalista ribadisce come si tratti di un’eccezione rispetto a un sistema giudiziario e militare che risponde solo al potere.

Tutto questo si percepisce anche nell’altra storia che segna il saggio, ovvero l’ascesa dell’oligarca Pavel Fedulev. Politkovskaja spiega come un piccolo contrabbandiere, tramite la corruzione del sistema giudiziario, si sia insinuato nei gangli del potere della città di Ekaterinburg, sui monti Urali.

L’autrice denuncia una corruzione permette di ottenere sentenze e ordinanze favorevoli, senza bisogno di alcuna prova, ma solo tramite la fiducia che viaggia in due direzioni. Una va dall’alto verso il basso, replicando il vecchio sistema sovietico per cui i giudici si limitano a obbedire alle richieste dei superiori. L’altra è invece orizzontale, ed è quella tra il giudice corrotto e il mafioso corruttore.

In questo sistema emergono due tipi di giudice. I “buoni” sono quelli che eseguono gli ordini senza farsi domande, mentre i “cattivi” vorrebbero applicare la giustizia come previsto dalla Costituzione. Quest’ultimi sono destinati a scontrarsi col sistema, a essere minacciati, demansionati, irrisi e trasferiti nelle provincie più sperdute dell’impero.

Il saggio contiene tanto altro, dalle esperienze personali alla strage al teatro Dubrovka. Nelle parole di Politkovskaja si tocca con mano un potere cinico e brutale, a somiglianza del suo leader Vladimir Putin, uomo vendicativo che disprezza il suo stesso popolo.

 

Vent’anni dopo

La Russia e Putin sono evidentemente cambiati in questi venti anni. Da leader benvoluto in occidente, il presidente russo si è trasformato anche ai nostri occhi in assassino temuto e disprezzato. Inoltre, alcuni meccanismi sembrano essersi stabilizzati e oggi è più difficile diventare oligarchi, mentre tanti sono caduti in disgrazia, come appunto Fedulev.

Con l’invasione dell’Ucraina, resta evidente il disprezzo mostrato dal Cremlino verso la vita umana, non solo dei nemici, ma anche dei suoi stessi concittadini. Abbiamo visto assassini uscire dal carcere per poter combattere in Ucraina, come abbiamo visto una filiera di “uomini sì” tranquillizzare Putin sulla possibilità di conquistare Kiev in un paio di settimane.

Al contrario, l’esercito si è mostrato inizialmente impreparato ad affrontare gli ucraini e l’endemica corruzione ha fatto saltare i sistemi di rifornimento alle prime linee. Le parole di Politkovskaja su corruzione e cinismo sembrano profetiche. Non ci stupisce neanche la scia di sangue che ha seguito il caso Budanov. Infatti, dopo la pubblicazione del libro sono stati assassinati sia l’avvocato della famiglia Kungaeva che Budanov, appena uscito dal carcere, oltre che la stessa giornalista.

“La Russia di Putin” porta bene i suoi venti anni ed è un buon punto di riferimento per capire la Russia attuale. Bisogna però ricordare che comprendere la situazione e denunciare le malefatte di Putin non significa automaticamente avallare i venti di guerra che considerano come unica soluzione la vittoria Ucraina e l’umiliazione russa.

Anzi, comprendere meglio il funzionamento e i crimini del sistema russo dovrebbe aiutare a raggiungere il prima possibile un cessate il fuoco che rispecchi la realtà dei fatti ed eviti un’ulteriore escalation.

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