Benessere

La ricognizione del dolore: Philippe Forest

19 Luglio 2019

“Non scrivo, ma per non perdermi nell’abisso vuoto di senso del reale, già faccio finta di credere che la malattia sia un racconto”

Sono parzialmente queste le parole con cui Philippe Forest accoglie la notizia o, meglio, la sentenza, pronunciata nei confronti della figlia a cui viene diagnosticato un osteosarcoma all’età di tre anni. In quel “faccio finta di credere che la malattia sia un racconto” verrà concepito il libro Tutti i bambini tranne uno che Fandango ha finalmente ristampato, e che uscì in Francia nel 1997.  

È il libro d’esordio di un professore di letteratura francese, uno che non aveva nessuna intenzione di scrivere un romanzo, ma lo deve fare per ripararsi dalla vita che lo mette di fronte alle soglie della sopportazione del dolore.

Raccontare il calvario di una figlia, di una bambina di tre anni che sta imparando a parlare mentre impara a morire sembra un atto indecente, eppure siamo lontanissimi da quei territori. La formula della malattia come metafora congela e spiega ma non aiuta ad affrontare il mare della sofferenza che si attraversa prima della fine, qualunque essa sia. 

Non sarei mai riuscito a concepire cosa un padre potesse provare davanti allo sgomento della consapevolezza di una figlia bambina che impara a parlare, impara a distinguere il cosa è dal cosa sarà o dal cosa sarebbe stato proprio mentre la malattia la sta minando irreversibilmente, nel suo corpo come nella sua mente, nella sua idea di futuro, di scuola che non ricomincia, di quotidianità che scompare per far posto agli ospedali, ai riti sfiancanti degli interventi, alla giostra delle speranze. 

E quando crolla il labirinto di bugie e la malattia non è più una parentesi, restano in scena un padre che come novello Shahrazād racconta alla figlia storie buone per abitare mondi dove lo spazio e il tempo non sono più i punti cardinali della logica dell’esistenza.

È un romanzo pieno di congegni di parole in grado di sfidare i tempi sospesi, dilatati e impossibili della premorienza.
È un libro necessario e luminoso che scende nell’arena delle parole per verificarne l’uso in una condizione estrema.
Ed è un libro che risponde a molte domande.

 

 

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