Letteratura
La ricognizione del dolore: Paul Kalanithi
“Una malattia grave non altera una vita, la distrugge. Non sembrava tanto un’epifania–un’esplosione di luce accecante venuta a illuminare ciò che conta davvero–quanto piuttosto un attacco di bombe incendiarie che mi aveva sbarrato il cammino.”
Paul Kalanithi ha 35 anni quando nell’ospedale dove lavora gli viene diagnosticato un cancro ai polmoni. Il brillante specializzando riceve dai suoi colleghi la notizia che lo trasforma da medico a paziente; ma da subito in mezzo o, meglio, sopra questa duplice veste, ne appare una terza: quella del narratore.
Sì, perché il ragazzo si è letteralmente nutrito di poesia e letteratura e insieme alle corse nell’erba di un’infanzia raccontata nella prima parte del suo libro Quando il respiro si fa aria, corre anche tra Eliot, Nabokov e Conrad.
“…Robaccia di alta cultura!”, come gli dirà una compagna di college che, passandogli un libro un pochino più pop, spingerà il giovane Kalanithi giù dalla cuspide tra arte e scienza sulla quale stava seduto prima di decidere quali studi intraprendere.
“A guidarmi non era tanto la sete di successo ma piuttosto il desiderio di comprendere, fino in fondo, cosa desse significato alla vita umana. Avevo ancora la sensazione che la letteratura offrisse il miglior resoconto possibile della vita della mente, mentre le neuroscienze stabilivano le più raffinate regole del cervello.”
Ma anche la scelta di studiare medicina e neuroscienze resta impastata della sua doppia visione, basti pensare che la sua tesi di laurea sarà “Whitman and the Medicalization of Personality”.
Quando la malattia lo cattura, Kalanithi è uno specializzando e, cioè, come insegnano E.R. o Grey’s Anatomy, un soldato in trincea; ma è, soprattutto, un giovane uomo che sta arrivando in cima alla montagna quando questa però inizia a franare.
La cuspide culturale che rappresenta questo autore nella sua doppia veste di medico-paziente o di scienziato-letterato si fonde nella rappresentazione di sé tra lo stato di esserci e quello di non esserci più.
Il suo dialogo con la malattia è lucido ma mai cinico e il cammino di ventidue mesi che lo porterà alla morte viene accudito dall’umanità della letteratura che lo proteggerà dalla disperazione e dalla lucidità della scienza che lo proteggerà dall’ignoto.
Tra questi due argini scorre ancora il tempo buono per scrivere un libro e per avere una figlia: un doppio concepimento sul filo di lana del commiato.
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