Letteratura
La ricognizione del dolore: Bret Easton Ellis
Abiti firmati, locali esclusivi e addominali tiratissimi, è questo il mondo senza dolore di Patrick Bateman, protagonista di American Psycho, libro simbolo degli anni Ottanta che si avvia verso il suo trentesimo compleanno. A guardarlo adesso quel decennio, assomiglia sempre di più a un’ubriacatura, una grande illusione prima della consapevolezza che la globalizzazione economica e internet avrebbero dato a un mondo che allora sembrava avere risorse illimitate per ambizioni sfrenate.
Anche se oggi si capisce benissimo quanto l’impero dell’edonismo colpisca ancora, non ci sono dubbi che sugli anni Ottanta di American Psycho siano calate ombre lunghissime, ombre che già nel libro di Bret Easton Ellis emergevano nel profilo schizoide e narcisisticamente patologico del suo protagonista, che completamente plagiato dal mito incrociato del successo e della bellezza soffocava nel vuoto.
Parrebbe proprio che negli Eighties sia avvenuta una trasformazione quasi antropologica tale da sovvertire l’ordine della piramide di Maslow; pasticciando tra categorie etiche ed estetiche fino a rendere il sogno americano un bisogno, i meccanismi del mercato, la pubblicità, la moda e la televisione hanno instillato l’idea che senza un fisico scolpito o un conto corrente infinito tutto diventasse inutile, lasciando a quelli che non erano d’accordo i posti liberi compresi tra gli illusi e i perdenti.
Eppure la perfezione di Bateman non basta e la sua rabbia, i suoi psicofarmaci, il suo salmodiare continuo di marchi, firme, locali insieme alla sua devozione per l’imprenditore Donald Trump lo rendono un visionario impotente; American Psycho non è Arancia Meccanica e al protagonista che riceve preventivamente la sua cura Ludovico dalla tv spazzatura di cui è avido o dai film porno-splatter davanti ai quali si masturba, altro non resta che immaginare.
Come per i primi due libri di Ellis, Meno di zero e Le regole dell’attrazione anche American Psycho diventerà un film, quasi non riuscissero a star ferme nelle pagine, le parole di questo autore paiono già appartenere a un immaginario collettivo che le reclama e le trasforma.
Ma tra vocare ed evocare, cosa sono le parole alla fine degli anni Ottanta se non topi che corrono su una nave che affonda?
Lo sa bene David Foster Wallace, il Re Pallido, alter ego di Bret Easton Ellis, l’altra faccia della medaglia della letteratura americana, che quasi ad esorcizzare la formazione toccata alla sua generazione, nel discorso paterno tenuto alle matricole del Kenyov College nel 2005 dirà:
Nelle trincee quotidiane delle vite da adulti l’ateismo è impossibile.Non venerare è impossibile.Tutti venerano qualcosa. L’unica scelta che abbiamo è che cosa venerare.
https://www.glistatigenerali.com/cinema_musica/american-houston-story/
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