Letteratura

La questione più che altro: l’esordio di Ginevra Lamberti

2 Febbraio 2016

“Era uno di quei giorni in cui pensi che la vita sia una lunga canzone di Fausto Leali”

Abbiamo già parlato di esordi narrativi interessanti. Per voi lettori incontentabili ne segnaliamo un altro, evidenziato anche dal critico letterario più amato e detestato d’Italia, Gian Paolo Serino. Parlo de La questione più che altro, il romanzo di Ginevra Lamberti, edito da Nottetempo. Che tipo di testo vi troverete davanti? Un testo postmoderno, esistenzialista, umoristico. Un testo piacevole, che sbandiera tutti i mali del vivere in provincia, tutti i mali della precarietà e vi ci fa ridere sopra, perché è ironico. Già, l’ironia, dote o condanna? Sta di fatto che Gaia, la protagonista della storia, la utilizza per scampare a certi gorghi neri, per non andare sotto, per dare un senso meno insopportabile agli eventi, alla gente, alle cose quotidiane e che appartengono a tutti noi, o quasi (esclusi quelli che possono fare a meno di mischiarsi per forza con la gente e quelli che sono abbastanza sani e pazzi da mollare tutto e scappare ai Caraibi).

la-questione-piu-che-altro

Gaia è anche la voce narrante: interrogativa eppure decisa, canzonatoria e seria. Una ragazza che fa i conti con se stessa, le sue paturnie, il futuro che bussa ma non promette rivoluzione alcuna, se non un appartamento condiviso a Venezia e le esperienze lavorative più disparate. C’è una valle dalla quale scappare, un padre malato, una madre che la accoglie a sé in caso di attacchi di panico nel cuore della notte. Ci sono clienti esigenti, prodromo di una società parallela. Ci sono gli amici, vecchi e nuovi, i nonni e i ricordi.

I toni sono gli stessi che Ginevra sperimenta nel suo blog (inbassoadestra.net), non piattaforma fine a se stessa, ma zibaldone che ha tracciato il percorso per giungere al romanzo. Gaia non è Ginevra, sia chiaro. O meglio: il romanzo cresce su un intreccio di vita vissuta, ma si discosta dall’autofiction tout court. Comunque, poco importa. Importa che è un libro-amico (almeno io chiamo così, tra me e me, i libri che ti fanno compagnia). Nel senso che i personaggi ti invadono gli spazi, ti fanno sorridere la mattina in treno o la sera sul divano e in qualche modo misterioso (potere di una certa scrittura autentica e ricercata) lasciano il segno.

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.