Letteratura
La post-verità non esiste [in memoria di Tullio De Mauro]
Ieri è mancato il Professor Tullio De Mauro: è stato molte cose ma mi piace ricordarlo come uno dei più grandi linguisti che il nostro Paese abbia mai avuto.
Ha vissuto un’epoca in cui le parole erano importanti, ha definito dei contorni grammaticali, messo dei paletti, trasmesso la conoscenza di una lingua, l’Italiano, meravigliosa di per sé stessa.
Non faccio ‘coccodrilli’ da molto tempo, non ho intenzione di ricominciare oggi: ho detto come buon proposito per il 2017 che avrei scritto di più per combattere [senza avere la presunzione di sconfiggere] la mia proverbiale pigrizia, e così faccio: il Professor De Mauro è certamente materia da post.
A latere mi chiedo solo con quale umore potesse vivere tempi come questi, in cui le parole in molti casi non hanno più senso, struttura, in un paese che, al pari delle sue parole, ha perso molto del suo senso, della sua struttura. Tant’è.
C’è però una parola che dai primi giorni di questo freschissimo anno sta assediando le orecchie, perlomeno le mie: è ‘post-verità’.
Non so cosa ne potrebbe pensare il Professore, ma la ‘post verità’ è una di quelle cose che non vanno bene, che stridono già dalla prima sillaba: sanno di imbroglio, di tormentone confezionato da sceneggiatori ben pagati per dare man forte al niente.
C’è la verità, c’è la sua percezione, c’è la realtà, ci sono miliardi di punti di vista, ci sono interpretazioni, dubbi, ricostruzioni..
Non c’è alcuna ‘post verità’.
C’è la menzogna. Chiamiamola così: non può costare troppa fatica.
Se si dovesse dire che la sera del 2 Gennaio ero a Roma in compagnia del mio amico Paolo, non si starebbe facendo della ‘post verità’. Si starebbe affermando il falso perché detta in modo molto semplice io il 2 Gennaio NON ero a Roma con il mio amico Paolo.
Ora qualcuno potrebbe dire: “Mbè? Invece di chiamarla ‘balla’ la chiami in un altro modo”.
E perché dovrei farlo? Per fare piacere a chi? Per l’utilità di cosa? Ci sono le parole, ne abbiamo tantissime e ne usiamo così poche: hanno dei significati, restituiscono le idee che abbiamo in testa, sono cose importanti, preziose.
‘Post verità’ non è prezioso: sa di plastica, di finto, di presa in giro; come una di quelle cittadine dei vecchi film western che dietro non avevano nulla se non i pali che sostenevano la facciata; la nostra lingua invece è una città vera, con le strade, i ponti, i passaggi difficili. E i suoi cittadini che vanno e vengono.
Uno se ne è appena andato, e gli rendo omaggio così, per come riesco.
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