Letteratura
La politica al tempo del conte Mosca e prima di House of cards
È difficile, per gli idealisti puri, sopportare l’immagine della politica come artificio, raggiro, manovra occulta, tattica esasperata e quant’altro la “bassa cucina” della politique politicienne offra. Ah noi no! Noi venimmo al mondo per scoprire le foci dell’Orinoco o per vedere sorgere mondi al largo dei bastioni di Orione…
Eppure la battaglia in questi giorni in Parlamento per la corsa finale dell’approvazione della riforma del Senato, la si sta combattendo proprio con quelle armi politiche, che potranno non piacere, ma sono consustanziali all’arte stessa della politica tanto quanto lo sono le nostre strategie quotidiane nel destreggiarci negli amori, negli interessi, nei rapporti di lavoro, nelle liti di ogni sorta, ossia con tutti i mezzi offerti dall’occasione o approntati dal personale ingegno. La politica è infatti come la vita: non una scienza esatta ma un’arte.
Non invoco per la politica di questi giorni l’immagine nobile di Cavour, con i suoi “maneggi” piuttosto ignobili se arrivarono a coinvolgere anche le alcove dei regnanti pur di poter conseguire i propri fini, né la battuta di Bismarck per il quale la politica è saper “afferrare il mantello fuggitivo della storia”, né tanto meno la figura di un Talleyrand (“una merda in una calza di seta” secondo Napoleone che della sua capacità di manovra fece tuttavia ampio uso) ma semplicemente le sezioni iniziali della “Certosa di Parma” di Stendhal.
Chiunque voglia avere ancora oggi un’immagine viva e palpitante della politica (con i suoi orrori e le sue indubbie seduzioni) faccia riferimento al Conte Mosca e ai suoi esasperati e machiavellici maneggi nella corte di Parma. Mosca è un grande genio della politica rinserrato in un piccolo stato, in un grande romanzo. Prendere lezioni da lui.
Irving Howe, un liberal americano ebreo-newyorchese, in quello straordinario libro sulla politica in letteratura che è “Politics and the novel “(1957) – trad.it. 1962, Lerici Milano con il titolo “Politica e romanzo” – affronta i possibili narrativi della politica. A partire proprio dal frizzante apoftegma formulato da Stendhal secondo il quale la politica funzionerebbe in un romanzo “come un colpo di pistola in un concerto”, cioè un’interruzione brusca del lirismo del vivere o della semplice trama di un romanzo, Howe rintraccia invece le dinamiche feconde tra politica e narrativa ed anche le potenzialità drammatiche che l’apparente irrapresentabilità delle idee politiche ha invece suggerito a molti artisti, osservando:
Non v’è dubbio che quando le catafratte truppe dell’ideologia si schierano in massa, esse mettono in serio pericolo la vita e la vivacità di un romanzo, ma le idee, siano esse allo stato di libero isolamento oppure costrette in rigidi sistemi, sono indispensabili al romanzo serio. Infatti, nella società moderna le idee sprigionano enormi cariche emozionali, ci legano agli impegni più frenetici e ci inducono ai più atroci tradimenti.
E per il nostro conte Mosca aggiungeva.
Numerosi critici hanno detto che nella figura di Mosca Stendhal impersonava una sua visione machiavellica della politica; Arnold Hauser, uno dei migliori critici di tendenza sociologica della nostra epoca, afferma che i romanzi di Stendhal sono « corsi di lezioni di amoralismo politico» e cita sottoscrivendola l’osservazione di Balzac, secondo cui La Certosa è il romanzo che avrebbe scritto il Machiavelli se fosse vissuto nell’Italia del XIX secolo e ne fosse stato messo al bando. […]
( Suggerimento gratuito per lo storytelling di chiunque voglia accertarsi delle modalità della politica oggi, ossia di che lacrime grondi e di che sangue – oltre di che merda aggiungerebbe Rino Formica – ancor prima di “House of cards”: cioè dai tempi dei pugnali di Giulio Cesare, dai tempi dei “pugnali e veleni” del nostro Rinascimento che molto irretivano Stendhal tanto da raccoglierli in un volumetto “Chroniques italiennes”, cioè da sempre).
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