Giustizia

La “Parola” di Franco Cordero

6 Agosto 2022

Chi ama la filosofia del diritto, applicata anche alle forme della procedura penale, non può prescindere dall’insegnamento del prof. Franco Cordero, nato il 6 agosto del 1928.
Era stato allievo del prof. Antolisei e del romanista Grosso.
Quando sostenne Filosofia del diritto come studente, ebbe come professore Norberto Bobbio.
Lo ricordo qui non come finissimo giurista – lo ha fatto magnificamente bene l’avv. Riccardo Radi -, ma come polemista per la sua eresia, eterodossia, come amava puntualizzare, anche nei confronti della Chiesa.

Si rimembri, infatti, che perse l’insegnamento presso l’università “La Cattolica“ (vi fu anche un giudizio innanzi alla Corte Costituzionale), per aver scritto un libro – Gli osservanti: Fenomenologia delle norme – non tollerabile dalla Chiesa.
Cordero era di una erudizione fantastica, severissimo, prima che con gli altri, con se stesso.
Scriveva in un modo meraviglioso, con una sintassi ricercatissima, strutturata con uso sapiente della parola.
Cesellatore ed instancabile studioso cercava, con passione divorante nella tessitura del verbo, l’origine e la radice della spiegazione del concetto.
La semantica era la sua sontuosa arte, coltivata con studi filologici rigorosissimi; aveva una conoscenza straordinaria delle lingue classiche, il greco ed il latino.
Diceva, infatti, che la parola indica “catene ragionate”, conferisce il suggello alla “trama concettuale rimuovendo l’evanescenza”.
Fabbrica similitudini, allusioni, antitesi, immagini, lampi intuitivi, metafore dal costrutto ragionato.
Era un eretico, ma adorabile nella sua diversità.
In uno scritto sul Relativismo (Elogio del Relativismo) ebbe a farne un elogio, in polemica con la Chiesa, quando si chiudeva senza dare il diritto di ingresso ad opinioni dissimili.
Adorava la scissione.

Per Cordero l’etimologia della parola – Dike– la dea della giustizia è singolare.
Dike significa quello che resta fermo, quello che è posto e che non può essere violato o vulnerato.
Ma Platone ci aveva insegnato che l’eidos, l’idea della giustizia, ha varie sfaccettature, che si stagliano nell’ aspetto e nel volto dell’omonima dea: aspetto virgineo, occhi penetranti, sguardo triste, né umile, né altero: spaventa i malvagi, rassicura i buoni, è invulnerabile dagli influssi esterni.
Fu fantastico il suo giudizio dello scritto di Leopardi “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani”: gli italiani sono ancorati al ”particulare”.
Cordero era allergico ad ogni forma di potere.
Ha combattuto, infatti, pervicacemente Berlusconi, definito ironicamente da Lui Re Lanterna, Re Travicello.
I suoi articoli su “Repubblica” erano speculari a quelli di Giuseppe D’Avanzo, giornalista scomparso che scoprì il Bunga Bunga del Cavaliere.
Ma l’ultimo soprannome che affibbiò a Berlusconi Caimano tratteggia il debordare del potere, come il Caimano che schizza dall’acqua senza badare a nulla.
Ne nacque il film di Moretti.

La sua inclita prosa ci manca.

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