Letteratura

La nuova edizione del Mein Kampf previene il totalitarismo

18 Gennaio 2016

L’1 gennaio 2016 sono definitivamente scaduti i diritti d’autore del Mein Kampf, il manifesto nazionalsocialista firmato da Adolf Hitler. A 90 anni dalla prima pubblicazione (18 luglio 1925), l’opera torna nelle librerie tedesche l’8 gennaio grazie all’Istituto di Storia Contemporanea (IFZ): con un costo di 59 euro e una tiratura iniziale di 4000 copie, il nuovo Mein Kampf annotato ha registrato il tutto esaurito nello stesso giorno dell’uscita senza riuscire a coprire i 15000 pre-ordini.

A questa prima nuova edizione hanno lavorato molti redattori ed esperti, i quali vi hanno incluso oltre 3500 note critiche che ne approfondiscono il contenuto. Gli obiettivi dell’IFZ sono “presentare il Mein Kampf come un documento importante per la storia contemporanea, contestualizzare la visione del mondo di Hitler rivelandone altresì i precursori, e contrapporre alle sue idee i risultati della ricerca moderna”. Avendo in precedenza pubblicato diversi scritti e discorsi del Führer e i diari di Joseph Goebbels e Alfred Rosenberg, il passo successivo per l’IFZ, in assoluta coerenza con un percorso culturale complesso, non poteva essere che la pubblicazione del Mein Kampf. Per questo l’istituto ha lavorato a un’edizione enciclopedica − utilizzata come testo scolastico − prima ancora che a un libro divulgativo: fornire ai lettori non un testo di propaganda, ma uno scritto attraverso cui comprendere la genesi del pensiero di Hitler e della Germania nazionalsocialista e, non da ultimo, “minare il potere simbolico ancora efficace del libro”.

Conoscere il passato per evitare che si ripeta, questa la logica adottata dall’IFZ che però sembra non essere condivisa da tutti. Se già la libertà di stampa non fosse un motivo sufficiente, la conoscenza critica di un fenomeno politico così importante e devastante come è stato il nazismo di Hitler da sola dovrebbe bastare a far accogliere con apertura mentale la pubblicazione del testo che ne ha esplicato le linee guida. Ma nella Germania del 2016 il nome di Hitler rappresenta ancora un problema per chi lavora anche grazie all’immagine: così, due delle maggiori catene di librerie tedesche, Hugendubel e Thalia, hanno scelto di non esporre la copia fisica del libro ma di limitarsi a venderla online. È spaccata anche la comunità ebraica: se il Consiglio Centrale degli Ebrei approva la pubblicazione del Mein Kampf come uno strumento che “spieghi il nazionalsocialismo e l’Olocauso”, diverse altre associazioni ebraiche − tra cui World Jewish Congress e Conference on Jewish Material Claims Against Germany − si sono espresse negativamente in merito, forse temendo che il testo possa in qualche modo alimentare le tendenze estremiste di cui l’Europa è stata recentemente vittima.

Nell’odierno contesto di paura verso gli estremismi − che provengano dal lontano Oriente o dal vicino Occidente − la pubblicazione di un “libro pericoloso” divide la popolazione e provoca inquietudini. È naturale chiedersi, a una prima battuta, se sia il caso di diffondere un testo pieno di odio come il Meinf Kampf. Ma una risposta negativa a questo quesito non farebbe che alimentare il bigottismo culturale dilagante e l’ipocrisia verso quella cultura a cui tanto vigorosamente cerchiamo di aggrapparci per distinguerci dagli animali.

Fonte: Cultora

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