Letteratura

La giacca “rubata”

29 Ottobre 2021

E’ l’inizio dell’estate e fa molto caldo.
In azienda mi hanno iscritto ad una serie di conferenze di argomento manageriale, che si svolgono presso la facoltà di Economia dell’Università.
Alla prima conferenza vado con una giacca bianca di lino.
Poco prima dell’inizio della conferenza la tolgo e l’appendo ad un attaccapanni.
Finita la conferenza la recupero, senza indossarla. Arrivato a casa, la sistemo sulla spalliera di una sedia.
Il giorno dopo ne uso un’altra.
Verso le 12 mi arriva una telefonata.
Dall’altra parte del filo qualcuno che si presenta con un nome che non afferro bene mi chiede se il giorno prima ero stato a Ca’ Bembo (la sede della facoltà di Economia) con una giacca bianca.
La domanda mi sembra strana, ma rispondo di sì.
“E non si è accorto di niente?”
“Di cosa dovevo accorgermi?”
Ma del fatto che ha portato via la mia giacca!!!”
Immediatamente realizzo che è possibile che il mio interlocutore abbia ragione: non avendo indossato la giacca all’uscita dalla conferenza, non avevo avuto modo di verificare che non era la mia.
Comincio a scusarmi, quando il mio interlocutore mi interrompe:
“Lo sa in che guaio mi ha cacciato lei con la sua distrazione? Nella tasca della giacca avevo le chiavi della macchina e le chiavi di casa, non le dico i casini in cui mi ha messo ieri sera! E non parliamo di stamattina: a quella conferenza c’erano 50 persone! Mi sono fatto dare dall’università i nomi degli iscritti, ben 38 di loro sono maschi e da tre ore sto facendo telefonate surreali che iniziano sempre con la stessa domanda: “lei ieri sera aveva una giacca bianca?”. E vuole sapere l’ultima? Lei è il primo che ho chiamato, ma la sua assistente mi ha detto che lei era in riunione, così ho dovuto parlare con altre 37 persone!”
Mi copro la testa di cenere, poi lo rassicuro sul fatto che andrò immediatamente a casa a recuperare la sua giacca e gliela porterò presso la segreteria della Facoltà, dove lui ha lasciato la mia.
Corro a casa, entro in salotto ed esamino la giacca bianca della “vittima”.
E’ molto più bella della mia e anche molto più grande…Vabbè che non l’ho indossata, ma dove avevo la testa?
E, in più, com’è che, ripiegandola sul braccio,  non mi sono accorto delle chiavi? Eppure son pesanti..
Mi precipito alla segreteria di facoltà, restituisco il mal tolto e recupero la mia giacca.
La settimana successiva vado alla seconda conferenza.
Fa ancora più caldo e decido di lasciare la giacca in ufficio ( ma, diciamola tutta, non solo perché fa caldo!)
Arrivo in anticipo.
Il conferenziere non è ancora arrivato, ma buona parte degli iscritti al ciclo di conferenze è in aula.
Andando alla conferenza ho pensato per tutto il tempo a come scusarmi con il signore al quale involontariamente ho creato un così grosso inconveniente.
Non ho afferrato bene il suo nome e mi chiedo come farò a riconoscerlo.
Vorrei rinnovargli le mie scuse.
Non debbo, però, arrovellarmi troppo sull’identificazione della “vittima”.
Entrando nella sala sento qualcuno che dice:
“Insomma, per farvela breve, ho dovuto fare 38 telefonate prima di trovare quell’individuo!! Alla fine lo becco e quando gli chiedo “E possibile che lei ieri sera abbia preso la mia giacca?” lui mi risponde flemmatico : “Possibile, non lo escludo”. Ma si può? S’è mai visto un cialtrone simile?”
Inutile aggiungere che le scuse, forse, gliele farò un’altra volta.
Magari quando si sarà calmato.

 

 

 

 

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