Letteratura

La formica argentina

19 Agosto 2017

La formica argentina è un racconto che fa parte della raccolta Gli amori difficili e, insieme al testo La nuvola di smog, ne compone la seconda sezione, intitolata La vita difficile.

In questa parte della raccolta l’autore allarga lo sguardo dalle vite individuali all’esistenza umana nel suo complesso, resa, appunto, “difficile” dal male di vivere.

Nel racconto La formica argentina Calvino riproduce una situazione concreta che si trasforma in un’ossessione fino a paralizzare la vita nella sua quotidianità: un’invasione di formiche contro cui non esiste rimedio. A nulla valgono, infatti, insetticidi e trappole. C’è chi specula su questa sciagura e forse trae vantaggi dal perdurare del problema, arrivando persino ad alimentarlo. C’è chi reagisce facendo finta che le formiche non esistano e chi, invece, diventa aggressivo e violento.

La formica argentina non è, però, semplicemente una specie di formica dannosa e invasiva; è, piuttosto, metaforicamente, nelle intenzioni di Calvino, la forma che assume l’inquietudine, quando si affaccia su una vertigine senza fondo; è l’assenza di rimedi, l’evanescenza delle soluzioni, non tanto nell’impatto con le contingenze e con i fastidi del “campare”, quanto, piuttosto, di fronte all’esistenza umana nella totalità dei suoi aspetti, un’esistenza che diventa come un macigno insopportabile se non si possiede la forza di imparare l’arte della convivenza con il dolore.

Viviamo in un’epoca in cui la formica argentina si è macroscopicamente ingigantita e ha generato uno stato di incertezza e di angoscia che Bauman ha definito “paura liquida”.

Mille sono oggi le nostre formiche argentine, i nostri iceberg: la minaccia finanziaria, quella nucleare, quella ecologica, quella sociale, quella terroristica. La molteplicità dei poli di insicurezza generale determina uno stato incessante di paura. Scrive Bauman nel suo Paura liquida: la paura più temibile è la paura diffusa, sparsa, indistinta, libera, disancorata, fluttuante, priva di un indirizzo o di una causa chiari; la paura che ci perseguita senza una ragione, la minaccia che dovremmo temere e che si intravede ovunque, ma non si mostra mai chiaramente.”Paura” è il nome che diamo alla nostra incertezza, alla nostra ignoranza della minaccia, o di ciò che c’è da fare.

Eppure dobbiamo sopravvivere.

Calvino suggerisce di guardare più dall’alto: vivere in un meschino e gracile orizzonte ci costringe a batterci contro problemi gracili e meschini. La terra è in effetti un piccolo punto del cosmo. Già Seneca nelle Naturales quaestiones ricordava che è solo un granello quello su cui navigate, in cui combattete, in cui ordinate i vostri regni. Corre l’obbligo, allora, di cambiare prospettiva e prendere le distanze dalle miserie quotidiane.

E se la formica argentina  simboleggia il proliferare di guai sempre nuovi con cui l’uomo deve fare i conti ogni giorno, il mare calmo, con il suo continuo fluttuare di colori, con le sue distanze d’acqua, con le sue correnti che spingono lontano, sempre più lontano, verso infiniti orizzonti, sono la metafora usata da Calvino per evocare le nuove prospettive che ognuno è chiamato ad adottare: guardare più dall’alto, prendere le distanze dalle miserie della fragile condizione umana.

Del resto, per sopravvivere, abbiamo il dovere della speranza, suggerisce Bauman, che però, rispetto a Calvino assume una posizione più combattiva. Anche Seneca – modello insostituibile per ogni linea di pensiero – diceva vita militare est : non si possono sognare fughe in mondi iperuranici di oziosa contemplazione; come soldati dobbiamo combattere per affrontare le prove dell’esistenza. Bauman indica nel compito di denuncia degli intellettuali l’inizio di un processo di sradicamento dell’angoscia collettiva: solo mettendo a nudo la complessa rete di nessi causali tra dolori individuali e le condizioni prodotte collettivamente si potrà dare spazio alla speranza. E il compito degli intellettuali è arduo, consiste prima di tutto nel far comprendere a fondo ciò che Seneca già nel I secolo d.C. aveva capito: perdite, duri colpi, fatiche, paure mi hanno quasi subissato:sono cose che capitano … Tutto ciò che provoca i nostri gemiti, tutto quello che temiamo, sono tributi da pagare alla vita: non chiedere di esserne esente (Epistulae ad Lucilium, 96). Tuttavia la consapevolezza dell’ineliminabilità dolore è solo un primo passo; occorre con urgenza un nuovo patto degli intellettuali con l’umanità: far conoscere, denunciare, proporre.

Il dolore esiste ed è una cosa certa. Tuttavia la smisurata crescita delle cause di sofferenza rispetto al passato, è un dato allarmante. Non saranno, forse, costruite ad hoc, le nostre paure? Bauman, ancora in Paura liquida, sostiene che  i prodotti per combattere la paura hanno bisogno di consumatori paurosi e impauriti. Sembra chiaro che tante paure arrivano nella nostra vita già con i loro rimedi, un pacchetto in offerta contro pericoli debellabili al giusto prezzo! Pericoli e paure verrebbero, perciò, alimentati da quella che Calvino chiama la melassa avvelenata, poco avvelenata, anzi così scarsamente avvelenata che finisce con l’ingrassare le formiche argentine.

Del resto, scrive Calvino nel suo racconto, il giorno che non ci fossero più formiche i funzionari dell’Ente dove andrebbero? Calvino fa ben capire che gli uomini dell’Ente per la lotta contro la formica argentina hanno bisogno della formica argentina! Insomma, se non ci fossero le guerre, come si potrebbero vendere le armi che l’industria bellica copiosamente fabbrica? Se non ci fossero le malattie, come vivrebbero coloro che producono i farmaci? Come mai i guerriglieri dell’Isis non vengono definitivamente abbattuti? Si sa che colpiranno, si prevede anche dove, ma non si fa nulla.

È bene, allora, fare in modo che il male di vivere non sia acuito dalla passività di un’ignoranza collettiva verso le responsabilità di chi alimenta i pericoli del mondo e specula sulle paure umane. Solo così si potranno trovare gli antidoti per le formiche argentine che stanno invadendo le nostre vite.

 

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