Letteratura
La figlia ideale: donne vittime, donne salve
“Una delle più grandi scrittrici contemporanee”, così Maria Vargas Llosa definisce Almudena Grandes, nota per il suo primo romanzo, il celebre Le età di Lulù.
Nel suo ultimo lavoro, la scrittrice racconta della dittatura franchista e delle conseguenze di ogni regime, ma lo fa adottando un punto di vista molto originale: quello, innanzitutto, di una donna, Aurora Rodrìguez Carballeira, che uccide sua figlia perchè crede fermamente nell’eugenetica (ma donna Aurora è affetta da una seria malattia mentale) e da quello di coloro che lavorano all’interno del manicomio femminile di Ciempozuelos, a Madrid.
Il racconto prende l’avvio negli anni ’30 e continua fino agli inizi degli anni ’60, in un continuo di salti temporali che indicano i prodromi della guerra civile spagnola, della seconda guerra mondiale per giungere alla soglia della pace e della ripresa economica.
Tante sono le voci che si alternano in questo romanzo corposo, denso di vite, di poche vittorie e tante sconfitte. Quella dello psichiatra Gèrman Velazques Martìn, esiliato in Svizzera poco prima della caduta della Repubblica e figlio di un altrettanto medico dell’anima, perseguitato dai franchisti; quella della giovane Maria , infermiera ausiliaria, costretta ad abortire e infamata da quella dolorosa scelta di libertà condizionata; quella della stessa assasina, protagonista di un reale fatto di cronaca, che nonostante l’orrore del gesto compiuto, genera moti di affetto per gli animi più compassionevoli; e poi quello dei personaggi secondari, ma importanti per dipingere il quadro della società nazionalcattolica, stretta tra segreti, ricatti e ipocrisie.
Non è un caso se Grandes decide di ambientare la sua impietosa riflessione sul Potere all’interno di un manicomio femminile: le donne, infatti, risultano, in quegli anni, le più fragili e le più esposte al maschilismo e al patriarcato. Infelici, recluse, abusate, non hanno voce se non grazie ad un nuovo farmaco oppure al coraggio di persone liberali che dalla Svizzera (Paese, nel libro, aperto e all’avanguardia in tema di diritti, di politica e di wellfare) o dalla capitale iberica si affannano per riaffermare i valori della giustizia e dell’uguaglianza, laddove tutto è ammantato dalla patina repressiva della paura. Persino Donna Aurora è una vittima: della sua patologia e di quella della cultura dei tempi che vede la salvezza nella tutela di un’unica “razza”.
La figlia ideale (titolo in italiano del romanzo, edito da Guanda) è un’acuta riflessione sulla forza di un individuo sull’altro che si snoda in tutte le sue manifestazioni: nella gerarchia ospedaliera, così come nella famiglia; nella relazione squilibrata tra uomini e donne e persino nel rapporto tra Dio e i suoi fedeli. Ma non vacillano le menti umane, se non vacillano i cuori. E il coraggio tiene saldi entrambi.
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