Letteratura
La “Fedeltà” di Marco Missiroli
Il culo di Sofia è un culo di ventidue anni, rende semplice immaginare. E il perché mai, venuto fuori dalla sua bocca intonsa alla parola mutuo o compromesso, diventa suono acuto di possibilità, di apertura all’ancora. Allo stesso modo le spalle forti e taciturne di Andrea, come il fuoco che non chiede ma accade, pronte e imperturbabili nel loro non essere conosciute, nella fortuna atavica di essere le spalle di un altro.
Missiroli costruisce come un ring vuoto i contorni della relazione tra Carlo e Margherita, in cui non ci sono colpi, né combattenti agli angoli, ma solo idee oscillanti tra il lottare e il farsi da parte; solo domande, tergiversazioni in cui la seconda parte della coppia si eclissa e cessa di essere il termine di paragone per parlare di tradimento e di fedeltà. Perché se togliessimo il nostro lui o la nostra lei, che di fatto non sono noi e non ci appartengono, potremmo scoprirci traditori di noi stessi o fedeli a quello che, di volta in volta, ci va di essere. Del resto, e Missiroli risulta molto convincente in questo, tradimento e fedeltà sono parole con cui chiamarci, attraverso cui raccontare quello che siamo, prima che etichette per vestirci o svestirci di moralità o adeguatezza a principi etero-determinati. Malinteso, fraintendimento, leggerezza, gioventù sono i termini sinceri, quelli che non obbligano a un confronto impari con la nostra naturale contraddittorietà, con la nostra irrinunciabile incoerenza. Da una parte il reale-attuale, la concretizzazione di una scelta, sulla base del principio indiscutibile per cui ogni scelta è una rinuncia, la bellezza della finitudine; dall’altra il reale-virtuale, costantemente in potenza senza mai divenire atto, e quindi eternamente possibilistico e aperto nel suo meraviglioso non realizzarsi. Dentro il pieno cercare il vuoto, provare a rinvenire una presenza nell’assenza: una tensione continua, che tira in ballo il tempo e l’identità, prima parola con cui fedeltà si ostina a volere fare rima.
In una Milano infedele, atta a farsi contraltare di una Rimini colorata di afferrabilità e nostalgia, Missiroli ha il grande merito di spezzare la diade ingannevole amore-fedeltà, ricollocando quest’ultima nell’unico scrigno atto a contenerla e proteggerla, e cioè il nostro io più profondo.
Perché forse, Fedeltà, non è nemmeno una parola.
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