Letteratura
La crisi delle parole anche in letteratura
Vi è stata mai un’epoca, che, più di questa, ha finito per ridurre la letteratura a qualcosa di inutile e futile, scollegata del tutto dalla realtà storica, ambientale, sociale, politica, culturale e finanche da una forma estetica adeguata?
Tace il monologo e pure il dialogo! La parola pronunciata è diventata un suono sibilante, quella scritta un refrain urticante!
Il “politicamente corretto” applicato alla letteratura la sta lentamente uccidendo, privandola del necessario slancio per meravigliare, sorprendere, semplicemente appassionare.
E lo scouting cosiddetto, che dovrebbe essere l’espediente vincente dei piccoli e medi editori si riduce a coronare il sogno di quasi tutte le “brave persone” che scrivono. Un esercito di maestre, maestrini, bancari, operatori radiofonici, starlette televisive, impiegati al catasto e stipendiati in genere simulano il manierismo tipico di novellisti e giallisti, quando non sono immersi, fino ad annegare, in un autobiografismo e un privatismo di assoluta ristrettezza. Per fortuna, in giro vi è qualche eccezione, che non è il caso di citare per non dar adito al sospetto di preferenze partigiane.
Mentre i grandi editori, che pure guarderebbero con interesse alle novità dell’intero mercato, quasi sempre non hanno da pescare alcunché e si rifugiano nelle loro scelte strategiche di mantenimento e conservazione, senza rischiare l’incerto commerciale che si accompagna all’opera di ogni nuovo autore. Ma, ben al di là delle dinamiche del sistema editoriale, vi è la crisi dell’uso della parola. Ed è questo il punto cruciale che non viene dibattuto e ignorato anche dagli osservatori più attenti del settore della comunicazione culturale. Resta innegabile, che più ci si esprime, meno si comunica. La parola, oggi, appare spesso superficiale, omologata, impersonale. Questo può risultare conforme alla natura dei social e persino alle dichiarazioni pubbliche dei politici, ma non alle fattezze di una narrazione, dove la parola scritta si veste della letterarietà che le è propria, dando man forte al contenuto, che, diversamente, appare scadente. La letteratura, signore e signori, nella sua semplicità, non è mai scialba e trascurata. Ma, proprio mai!
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