Letteratura
‘La casa della orfane bianche’, recensione del libro di Fiammetta Palpati
La collana Fremen, diretta da Giulio Mozzi per Laurana Editore, si arricchisce di un titolo molto interessante. E’ il primo romanzo di Fiammetta Palpati, ‘La casa delle orfane bianche’, una grande commedia degli equivoci gestita con estrema maestria. L’autrice frequenta da tempo il mondo della scrittura. Quello uscito per Laurana è il suo primo romanzo. Fiammetta Palpati si è laureata in Letterature Comparate con una tesi sul tema della cecità e l’immagine del cieco nella letteratura occidentale del XX secolo. Ha conseguito due specializzazioni per l’insegnamento ai minorati della vista e per vent’anni ha lavorato nell’istituto dei ciechi di Sant’Alessio di Roma dove, tra l’altro, ha ideato e promosso progetti di formazione e comunicazione. Ha scelto la città umbra di Amelia per dedicarsi, dopo anni di lavoro, alla letteratura. Da lì gestisce il laboratorio di Letture e Scritture di Unitre (Università della terza età). Fa parte della squadra docenti della Bottega di Narrazione promossa da Laurana Editore.
Il libro affronta un tema molto attuale e diffuso, quello dell’accudimento dei genitori anziani, spesso persone non più autosufficienti bisognose di cure e di attenzioni. Lo fa con ironia e leggerezza. Sono moltissimi i passaggi in cui si sorride, e sono anche molti i passaggi in cui si è costretti a riflettere. Le protagoniste sono tre donne di mezza età che decidono di ritirarsi in una casa di paese con le rispettive anziane madri. Quello che decidono di fare è un esperimento: fondare una comunitas in nome della condivisione di una necessità, l’assistenza verso le anziane madri, e della solidarietà tra vecchie amiche. Tutte le vicende si svolgono nel periodo che va dal mercoledì delle ceneri fino al giorno di Pasqua, la parte dell’anno liturgico in cui la Chiesa Cattolica invita i fedeli alla riflessione sulla passione di Cristo e all’esercizio della pietas. Sulla carta tutto sembrerebbe funzionare alla perfezione. Però il nido che si è scelto di costruire si trasformerà presto in un covo di immaturità, risentimento, egocentrismo e disperazione.
La soluzione potrebbe essere quella di ricorrere all’ausilio di una badante. Le tre donne, arrivate alla Domenica delle Palme, passati quaranta giorni dall’inizio della loro convivenza, decidono di chiedere aiuto a qualcuno che sappia affrontare meglio di loro le numerose incombenze della piccola casa di riposo che si sono inventate. Nel frattempo, per vedere se le cose possono migliorare, le tentano di tutti i colori, arrivando anche a scambiarsi le madri. Arriva così nella loro casa un settimo personaggio, una suora, vero motore di questa grande commedia degli equivoci. La suora che hanno scelto come badante nasconde però qualcosa di strano. Si scopre subito che si tratta di una suora fasulla e inferma, che si piazza in poltrona e pretende di essere servita e riverita. E così le anziane da accudire diventano quattro, grazie all’arrivo di questa matrona che sembra voler diventare la regina madre della casa. Le tre figlie faranno presto un’altra scoperta, quella di essere delle orfane, donne di mezza età che non hanno più una madre a cui rivolgersi per consiglio o per rifugio.
La voce narrante del romanzo è quella di un signore gentile, elegantemente vestito, dai modi teatrali e solenni. Un maggiordomo che narra le vicende al plurale, quasi che nella sua voce ci fosse quella di tutte le persone che vivono sommessamente la stessa sensazione di smarrimento, orfani e orfane, sotto lo stesso cielo. Ad ognuno che passa il maggiordomo fa un sorriso gentile e spalanca la porta della casa, che si entri e si guardi, che ci si accomodi, e si provi a pensare quanto può essere sottile il confine tra tragedia e farsa. La voce narrante regge tutta l’architettura del romanzo, e si immerge sempre più intensamente nell’infelicità delle orfane bianche, a mostrare come quell’agnizione verso le anziane madri aspiri a essere una categoria poetica, prima ancora che una condizione psicologica. Fiammetta Palpati ha scritto un romanzo infinitamente contemporaneo e utile, leggero e istrionico, che è stato proposto al Premio Strega da Gioacchino De Chirico che ha apprezzato il libro perché, nonostante il tema dell’accudimento delle anziane madri, l’autrice non ha scritto niente di patetico o di lamentoso, raccontando le vicende con una scrittura di altissimo livello, precisissima, che passa con estrema efficacia dal letterario al popolare, dal vernacolo al pop. E così è.
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