Letteratura

La beat generation? “Un gruppo di bambini che parlano della fine del mondo”

28 Luglio 2017

Non so se “Sulla strada” ( On the road) sia un capolavoro destinato a durare nel tempo.

E non so nemmeno se, provando a rileggerlo adesso, rivivrei anche solo una parte delle emozioni che mi ha dato 40 anni fa quando l’ho letto la prima volta.

Non lo so e non voglio saperlo.

Sarebbe come visitare i luoghi dell’infanzia: è inevitabile trovarli meno affascinanti del ricordo che ci siamo portati appresso tutta la vita.
Il libro fu scritto a macchina da Jack Kerouac nel 1951 su un rotolo di carta per telex lungo trentasei metri.

Quel rotolo, che nel 2001 fu venduto all’asta per un prezzo superiore ai due milioni di dollari, era un mezzo genialmente adatto al tipo di scrittura di Kerouac, quella che poi sarà chiamata “prosa spontanea” per la sua vitalità, il ritmo e la voluta mancanza di controllo.
In quel libro, poi uscito nel 1957, Kerouac lancia definitivamente l’espressione beat generation .

Beat è un termine con molti significati
Sta per beatitudine – beatitude- : lo stato d’animo che viene dalla meditazione, ma anche dall’uso di droghe, dal sesso, dal confronto libero e sincero con gli altri esseri umani
Sta per battuto , sconfitto, emarginato.
Sta per ribellione. Contro le convenzioni e le costrizioni del vivere civile e la morale corrente.
Sta per battito : il battito del cuore di chi corre e di chi si emoziona per le cose che vede e che sente.
Sta per ritmo : il ritmo della musica iazz che si ascolta in quegli anni, ma anche quello dei versi delle poesie .

La Beat Generation– scrive Jack Kerouac- è un gruppo di bambini all’angolo della strada che parlano della fine del mondo”. 

Kerouac era l’antitesi del letterato.
C’era in lui una vera e profonda inquietitudine e un grandissimo desiderio di comunicarla attraverso la scrittura
Diceva di sè : Scrivo sempre cose vere. Il mio sogno è far dire a chi legge un mio libro la notte in camera sua: ‘Com’è triste, è come la vita vera’  

Ma ecco una pagina del romanzo, che fa capire meglio di qualsiasi altro discorso che cosa vuol dire “prosa spontanea”: è quella in cui viene descritto uno dei protagonisti della storia, il mitico Dean Moriarty ( ispirato alla figura di un amico di Kerouac, Neal Cassady , vedi foto sotto).
Dean fa di mestiere il custode di un parcheggio.
Ma lo fa in maniera personalissima:

“Il più fantastico custode di parcheggi del mondo, capace di far fare marcia indietro a una macchina a settanta chilometri l’ora in un strettoia inverosimile fermandosi al muro, balzare fuori, correre in mezzo ai parafanghi, saltare su un’altra macchina, farla girare in tondo a ottanta chilometri l’ora in uno spazio ristretto, indietreggiare di volata in un posticino invisibile,vamm , bloccare la macchina col freno a mano così che si poteva vederla rimbalzare mentre lui schizzava fuori; poi sparire nel gabbiotto dei biglietti scattando come un asso del podismo, porgere un biglietto, saltare dentro una macchina sopraggiunta prima che il proprietario ne fosse completamente uscito, scivolargli letteralmente di sotto mentre quello sta uscendo, avviare la macchina con lo sportello aperto che sbatte e partire verso il punto libero più vicino, una giravolta, infilarcisi rapido, frenare, fuori, via; e così senza soste otto ore ogni notte, in pantaloni bisunti color vino e con una sdrucita giacchetta orlata di pelo e logore scarpe ciabattanti” 

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