Letteratura

Joyce e il Bloomsday: un giorno di Giugno, 112 anni fa

16 Giugno 2016

L’Ulisse di James Joyce, come alcuni sapranno, si svolge in un’unica giornata, dall’alba a notte inoltrata. E’ la giornata del 16 giugno 1904, e siamo a Dublino. Sono passati dunque 112 anni da quella data fatidica, chiamata Bloomsday dal nome del protagonista del romanzo, Leopold Bloom. Una data che tutto il (piccolo) esercito di joyciani del mondo festeggia in punta di piedi, senza toni altisonanti, per non disturbare troppo le consuete miserie della vita, di quella che conta.

Perché l’Ulisse, e quella data, rappresentano solamente il trionfo della quotidianità, della banalità quotidiana che diventa epica, il principio e la fine di tutte le cose, pur restando una giornata qualsiasi, dove qualcuno nasce, qualcuno muore, qualcuno tradisce il marito, o la moglie, si fanno nuove amicizie, altre si spezzano; ci sono liti, sorrisi, pensieri, parole, incontri e scontri tra gente normale, tra gente che dalla normalità si eleva fino a diventare eroica, archetipica, un microcosmo che riassume in sé i tanti microcosmi di tutti i luoghi del mondo.

Gesti banali, situazioni banali che però, da quel giorno, sono diventate eterne, e rappresentano tutte le nostre giornate, noiose, allegre, simpatiche o grigie che siano: il Bloomsday è l’elogio della nostra vita quotidiana, così inutile eppure così importante. Joyce ce le racconta così, queste ore che popolano la nostra giornata, e ci fa gustare minuto per minuto ogni piccola azione, ogni piccolo gesto fino a farle diventare il senso della vita, il senso della nostra storia e della storia dell’uomo e della donna dei nostri tempi.

Siamo a Dublino. Ma potremmo essere a New York, Milano, Roma, Parigi, Berlino. In qualsiasi grande città occidentale. Con le miserie e le gioie di tutti i giorni. Le parole che Joyce utilizza, il suo stile di scrittura, però, è quello che impressiona di più. E’ capace di usare tutti i linguaggi del mondo, tutti gli stili del mondo, alcuni facili, altri più difficili. Ma sempre degni di essere letti, e vissuti. Leggere l’Ulisse per alcuni non è semplice (per molti di noi, direi), ma quando gli si diventa amici, non ci si può più staccare, diventa una parte di noi, della nostra vita, della nostra storia.

E questo è un piccolo omaggio per uno scrittore da cui tutti hanno imparato, anche senza saperlo, o senza volerlo. Secondo me, il più grande di tutti i tempi.

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