Letteratura
Joseph Conrad tra il silenzio e lo scoppio
Due miserabili, due sbandati e mal ridotti ai confini del mondo civile, due mediocri. In sostanza due scarti che dalla civile Europa si ritrovano nell’Africa nera in cerca di un riscatto, seppur non totalmente inseguito, seppur non del tutto veramente ambito. Due personaggi tipici, due profili bassi eppure fatti di quella cenere sotto cui cova un misto di risentimento e desiderio di libertà.
Una materia impalpabile, una polvere da sparo solo apparentemente inerte e che solo Joseph Conrad sa maneggiare con tale abilità fino al punto in cui l’esplosione è assicurata, seppure subito superata dall’orrore in un angosciante crescendo in cui il gioco non riguarda più la vita ormai schiacciata e deformata da occhi spalancati dalla paura, ma la ricerca ossessiva di un’umanità che rischia di essere perduta per sempre proprio perché precipitata nell’intimità più nera in cui desiderio e orrore gareggiano specchiandosi l’uno nell’altro.
Un avamposto del progresso (Adelphi) è un piccolo e prezioso racconto di Joseph Conrad che da il titolo al bellissimo libro a curato da Matteo Codignola (la sua postfazione, Una specie di racconto, è una vera e propria parte terza che rende il piacere di avere tra le mani il libro di Adelphi assoluto: un lavoro editoriale ineccepibile) a cui segue il breve racconto La laguna.
I bagliori sono quelli del fuoco, in cui le giornate lunghe sono fatte dell’umido insostenibile della foresta, dell’odore di corpi stranieri spesso percepiti, ma non visti. Joseph Conrad sta in perfetto equilibrio tra il silenzio e lo scoppio, tra la lentezza e la velocità. L’attesa lunga e spesso venata d’ironia lascia trasparire sempre un soffio leggero di speranza (l’ambizione dei diseredati) che piomberà però a suolo di fronte ad un’accelerazione degli eventi che lascia solo orrore e paura. Un panico non paralizzante, ma che obbliga ad una partecipazione sempre perdente, una direzione ostinata verso la sconfitta a cui i personaggi accedono con ineluttabile consapevolezza.
Le grida spezzano la notte come una messa notturna: l’interpretazione di un mondo che si crede civile anciato oltre i propri confini e quindi oltre il proprio corpo che si fa tatuato, graffiato e spesso colpito a morte. Un confine fatto di bianchi e di neri, di chi vive e di chi muore, ma senza mai un duello, senza mai uno scambio o un contratto. Qui la civiltà fa i conti con la propria origine, con la propria intimità ancestrale. Un mondo ignoto in cui i protagonisti di Conrad si perdono perché proprio da lì provengono.
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