Letteratura
Indro non si tocca
Montanelli mi ha insegnato a leggere i libri di storia.
Ricordo che avevo 15 anni e lessi la Storia dei Greci prima e quella di Roma poi.
Montanelli scriveva in un modo meraviglioso: lessi perciò tutta la sua Storia di Italia, gli otto volumi editi dalla casa editrice Rizzoli.
Un capolavoro di chiarezza e di scrittura sopraffina, da divulgatore eccellente.
All’età di 16 anni leggevo contemporaneamente al “Corriere della Sera” e a “ La Repubblica “ il suo “Giornale nuovo” che aveva grandi firme: Geno Pampaloni per la letteratura, Rosario Romeo e Renzo De Felice per la Storia, Epicarmo Corbino per l’economia.
Quando lo fondò – disse il direttore del “Corriere” di allora Di Bella – portò con sé tutta l’argenteria di via Solferino.
Scrivevano sul suo Giornale conservatori illuminati: si ricordano Enzo Bettiza, Mario Cervi, Marcello Staglieno, Galeazzo Biazzi Vergani, Livio Caputo, Domenico Bartoli, Arturo Diaconale, Francesco Damato.
Era un uomo libero, un principe, anticonformista, sempre fuori dal coro, un anarchico, capace di mettere in discussione la cultura dominante della sinistra intellettuale.
Aveva rispetto dei comunisti: chi non ricorda l’editoriale scritto alla morte di Berlinguer: “Carissimo nemico”?
Indro, con Alberto Cavallari entrambi inviati del Corriere a Budapest nelle sue corrispondenze dall’Ungheria, era dalla parte dei rivoltosi e contro i comunisti sovietici: aveva ripudiato il fascismo quando Mussolini adottò le leggi razziali ed allo stesso modo non tollerava la dittatura sovietica ed i regimi della guerra fredda.
Aveva paura del partito comunista ed invitò a votare Democrazia Cristiana “turandosi il naso”, espressione passata alla storia, insieme ai suoi “controcorrente”, rubrica mattutina inarrivabile, aforismi di eleganza letteraria unica.
Era un uomo libero e mandò alle ortiche il Cavaliere Berlusconi che voleva mettergli la museruola quando, proprietario de “Il Giornale”, decise di scendere in politica. ‘In redazione– disse- comando io e nessuno detta la linea del mio giornale”. Come noto, gli fu preferito Vittorio Feltri.
Andò via dalla sua creatura e fece un altro giornale, “La Voce” per ricordare Prezzolini. Non ce la fece e tornò al “Corriere della Sera”, la sua casa.
Non si può mettere in discussione come giornalista e storico ed era un uomo libero; non era servo di nessuno e fu gambizzato dalle Brigate Rosse. I suoi aggressori furono da lui perdonati.
Hanno tirato fuori la storia del suo matrimonio con una fanciulla quando si arruolò per la guerra contro l’Eritrea, senza capire, nella contestualità storica, che era un’usanza di quelle parti.
La fanciulla, Desta’, divenne grande si sposò ed in ricordo del suo amore per Indro, diede il suo nome ad un suo figliolo.
Indro non si tocca: ha formato giornalisti ed intellettuali liberi.
A me ha insegnato a leggere e scrivere ed i suoi libri mi ricordano la giovinezza.
Sono orgoglioso di averli letti tutti: ho ancora ritagli dei suoi articoli più belli.
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